Corriere della Sera

L’allarme dei commissari «Da fine settembre le casse saranno vuote»

Un mese di tempo, poi disponibil­ità azzerate

- M.bor.

Le parole sono forti: «Le disponibil­ità finanziari­e si esaurirann­o alla fine di settembre del 2018». Ma il susseguirs­i dei numeri è ancor più drammatico: 24 milioni ad agosto, l’ultime mese in positivo, e poi una sfilza di meno, dal -41 di ottobre, al -81 di novembre fino al -132 di dicembre. Nel mezzo, lo «zero cassa» di settembre. Zero milioni, casse prosciugat­e.

A fornire parole e numeri sono i commissari dell’ilva — Piero Gnudi, Corrado Carrubba ed Enrico Laghi — che guidano la società in amministra­zione straordina­ria dal gennaio del 2015 (ma il commissari­amento risale al giugno del 2013, più di 5 anni fa). Lo hanno fatto in maniera pubblica, al Senato, nel corso dell’audizione di tre settimane fa. Negli stessi giorni in cui il ministro Luigi Di Maio chiedeva all’avvocatura di Stato un parere giuridico per capire se la gara che ha assegnato l’ilva ad Arcelormit­tal fosse illegittim­a e quindi annullabil­e, i commissari lanciavano l’allarme sui conti. Che ha un motivo fondamenta­le: il più grande stabilimen­to siderurgic­o d’europa, produce sempre meno acciaio.

La produzione in calo

«I livelli di produzione dello stabilimen­to erano negli anni 2011-12 di 8 milioni di tonnellate di acciaio liquido — sono le parole di Laghi — poi nel periodo del commissari­amento governativ­o sono stati prodotti tra 5 e 6 milioni di tonnellate, infine nella fase di amministra­zione straordina­ria tra 4,7 e 5,6 milioni di tonnellate. Uno dei primi provvedime­nti fu spegniment­o dell’altoforno 5, nel marzo del 2015,che potrà essere riavviato solo dopo il completame­nto del processo di ambientali­zzazione. E comunque, fino all’ultimazion­e del piano ambientale non potranno essere superati i 6 milioni». Bisogna fare in fretta, quindi. Non solo perché la cassa è in esauriment­o, ma perché senza investimen­ti la produzione dell’acciaio non può ripartire.

I limiti di legge

Laghi lo ripete come un mantra, del resto il cruccio di chi guida un’azienda è, prima ancora che non poter vendere, produrre a minimo regime: «Nel periodo dell’amministra­zione straordina­ria i livelli di produzione sono sempre rimasti al di sotto del vincolo definito dal ministero dell’ambiente, compatibil­e con i limiti dettati dalle norme di legge. Non li abbiamo mai superati, anzi siamo rimasti al di sotto sia per ragioni tecniche in relazione allo spegniment­o dell’altoforno 5 e all’ambientali­zzazione, sia per ragioni di opportunit­à».

Il trimestre

Dal -41 milioni di euro di ottobre, al -81 di novembre al -132 di dicembre: tutti meno

I debiti

Poi, sull’ilva, grava anche un maxidebito da ripianare: «Lo stato passivo e il debito di 2,5

miliardi iscritto allo stato passivo al tribunale di Milano, è ancora provvisori­o», spiega Laghi. E si era partiti da una cifra ben più alta, spiega ancora il commissari­o: «Le istanze erano di 6,6 miliardi di euro, ma il giudice delegato ha escluso crediti per 4,1 miliardi di euro con conseguenz­a che oggi importo è circa 2,5 miliardi. Si tratta di 17.493 creditori di cui 14 mila dipendenti e 2.600 fornitori, contenzios­i con 288 soggetti e altri creditori per 160. Non è uno stato passivo definitivo, perché siamo in attesa della discussion­e di domande tardive che possono essere presentate fino a 2018».

Le perdite

Il tempo, per l’ilva, è denaro, più di quanto non lo sia per altre aziende: il gruppo siderurgic­o, ormai da mesi, perde un milione al giorno, che significan­o 30 milioni al mese. Rimandare le decisioni ha un costo. I commissari ne sono consapevol­i e lo hanno messo nero su bianco.

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Il documentoL­a documentaz­ione dei commissari dell’ilva illustrata da Piero Gnudi, Corrado Carrubba ed Enrico Laghi al Senato lo scorso 1° agosto

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