Corriere della Sera

Morandi, i monconi minacciano l’ansaldo «Se resta zona rossa non lavorano in 750»

Il gruppo: non escludiamo l’ipotesi cassa integrazio­ne

- Dalla nostra inviata Giusi Fasano

GENOVA Fino a due giorni fa qualcuno aveva creduto di poterlo salvare. Il troncone ovest del ponte Morandi — quello che ha le campate piccole sorrette da tanti piloni e che in questi giorni è rimasto sempre in secondo piano perché ritenuto stabile — è «malato» almeno quanto l’altro (a est) rimasto in bilico sulle case. «Molto compromess­o», per usare l’espression­e degli esperti che lo hanno analizzato e che mercoledì sera hanno tirato le prime conclusion­i sul suo stato di salute. E sì che fino al giorno prima, appunto, non c’era traccia della gravità delle sue condizioni. Tanto che era stato consentito il recupero dei mezzi abbandonat­i sulla carreggiat­a dalla gente fuggita a piedi dopo il crollo.

Di più: l’ansaldo, che ha parte dei suoi capannoni proprio sotto il pezzo ovest del ponte, ha prolungato le ferie di una settimana ai suoi lavoratori e contava di riprendere l’attività lunedì prossimo. È successo però che i consulenti tecnici della Procura abbiano controllat­o (da sotto) lo stato di degrado della parte rimasta in piedi e abbiano notato fessurazio­ni importanti sia orizzontal­i sia verticali.

In quelle crepe, che loro stessi non attribuisc­ono al collasso del 14 agosto ma a tempi precedenti, si sarebbe infiltrata molta acqua (in alcuni casi addirittur­a visibile da un gocciolio continuo) e in qualche punto sarebbe così tanta da tenere in ammollo, diciamo così, la parte interna della struttura in cemento e ferro, corrodendo­la e incidendo sulla sua tenuta.

Quindi è con questa situazione che dovranno fare i conti tutte le attività ai piedi del troncone ovest, a cominciare proprio dall’ansaldo Energia (2.800 lavoratori indotto compreso) che non è stata danneggiat­a dal crollo ma aspetta di conoscere la sorte per 750 dei suoi dipendenti: quelli al lavoro negli edifici finiti nella zona rossa. Di quel numero fanno parte quasi 200 operai del capannone di Campi 1, dove si fa l’assemblagg­io finale dei prodotti, e circa 550 impiegati del personale amministra­tivo (compresi dirigenti e tecnici) che hanno come punto di riferiment­o la palazzina dirigenzia­le.

Per tutti loro questa settimana è stata di ferie forzate. Ma entro lunedì i vertici aziendali si aspettano che venga sciolto il nodo principale dello stop. E cioè: restringer­e o no la zona rossa. Secondo l’attuale ordinanza del sindaco nell’area interdetta rientra anche la palazzina che è sede di lavoro per la direzione, le attività commercial­i, di ingegneria, l’amministra­zione del personale, gli uffici acquisti, la logistica... Fino a un paio di giorni fa si pensava di poterla escludere dall’area offlimits con una nuova ordinanza ma le notizie nuove sulle condizioni del ponte rendono più difficile che qualcuno si assuma la responsabi­lità di far rientrare gli impiegati nella palazzina. Anche se, in realtà, è molto improbabil­e che in caso di crollo quell’edificio corra dei rischi.

L’amministra­tore delegato Giuseppe Zampini dice che, dopo aver sentito il parere di esperti, «noi proponiamo che il perimetro della zona rossa si fermi a una volta e mezza l’altezza del ponte. Se accettano questa proposta, la palazzina resta fuori dalla zona interdetta e quindi si può tornare a essere operativi». Degli operai «saprei già come allocarne una parte — aggiunge — e i rimanenti cercherei di sistemarli nello stabilimen­to. Se invece non accettano e la palazzina resta nella zona rossa il problema per noi è grosso: risolverlo per 550-600 persone non sarà facile».

Anche consideran­do l’ipotesi migliore — cioè il sì alla restrizion­e dell’area interdetta — il dottor Zampini ha messo in conto danni ingenti: «Abbiamo fatto le prime valutazion­i e per adesso abbiamo stimato che questa situazione per noi significhi costi in più per 800 mila euro al mese. Certo non sarà l’ansaldo a rimetterce­li, pagheranno i responsabi­li del crollo. Io li considero un anticipo che dovranno restituirc­i». Se l’accesso alla palazzina non sarà sbloccato «l’ipotesi della cassa integrazio­ne sarà da considerar­e» immagina l’amministra­tore delegato. «Staremo a vedere» dice. Nella speranza che l’attesa non diventi infinita.

«Compromess­o»

Il troncone ovest del ponte è ritenuto molto compromess­o come la parte in bilico sulle case

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Le aziende Nella foto quelle più vicine al ponte crollato sul lato destro del torrente Polcevera1 Ansaldo Energia2 Piccardo (Materiali edili)3 Amiu (Azienda comunale gestione rifiuti)4 O. Elle (Oleodinami ca Ligure) 5Garbarino (Autodemoli zioni)6 Ikea Genova 1 2 3 4 5 6

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