Il volto in tv di Autostrade: i controlli quasi ogni 3 mesi
Marigliani dirige il tronco di Genova. Acquisiti i suoi hard disk
GENOVA Il passare dei giorni ha reso quasi angosciante l’attesa. Perché il destino si compierà comunque, e quello dell’ingegner Stefano Marigliani appare così implacabile da far sembrare, a lui e ai suoi collaboratori, questo tempo come un inutile patimento.
L’avviso di garanzia è tanto scontato quanto inevitabile, anche sotto un profilo puramente tecnico. Perché Stefano Marigliani è il direttore del tronco autostradale di Genova, l’uomo che aveva la responsabilità su quel tratto di A10 e sul ponte del Polcevera. Il manager che oggi tutte le liste giacobine dei probabili indagati che circolano via Facebook e via Twitter indicano come il primo dei «presunti responsabili» del crollo del Morandi e della morte di 43 persone.
Il «tribunale della Rete» lo ha già condannato, complice il fatto che questo dirigente di Autostrade, 48 anni, studi di ingegneria aeronautica alla Sapienza di Roma, ha rappresentato nelle ore successive al crollo il solo volto della società su giornali e televisioni. Nell’attesa che l’amministratore delegato Giovanni Castellucci, a cinque giorni dalla tragedia, offrisse pubbliche scuse alla città di Genova, Marigliani ha incarnato il ruolo del parafulmine prima e del capro espiatorio poi. Nella recita obbligata di quello che il giornalista Luca Telese ha definito come «l’anti Schettino»: un uomo che ci ha messo la faccia per tutti, conscio di sedere sulla poltrona più a rischio e pericolosa visto che del Morandi era il responsabile più alto in grado.
In televisione (da La7 a La Vita in diretta) ha affrontato con equilibrismi e pacatezza le polemiche, ha detto che i controlli al Morandi in questi anni sono stati «una moltitudine», ha raccontato che Autostrade «è la prima a volere
L’esame del calcestruzzo Ci rivolgemmo a enti internazionali, avevamo il dubbio di usare metodi superati ma non era così
individuare la verità». Poi quando l’onda dei social — che ha travolto anche gli intervistatori accusati d’esser stati troppo morbidi nei suoi riguardi — ha trasformato l’ingegner Marigliani nel colpevole perfetto, i vertici di Atlantia hanno deciso di alzargli intorno un muro tardivo e inefficace. Marigliani ha smesso di rispondere al telefono, ha chiuso con la televisione e ogni sua parola oggi è considerata dall’azienda «inopportuna ai fini dell’inchiesta penale».
Ieri l’ingegnere ha partecipato al lunghissimo vertice in Regione con il governatore Giovanni Toti e il procuratore Francesco Cozzi sul futuro ponte. Ufficialmente resta l’interfaccia di Autostrade con tecnici e soccorritori, ma non si sa ancora per quanto.
Abito blu, borsa di cuoio, Marigliani è entrato nel palazzo regionale senza parlare. Mercoledì i finanzieri hanno acquisito gli hard disk del pc e del telefonino e l’archivio delle sue comunicazioni email. Ai colleghi è sembrato «sereno e motivato», anche se «provato». Quanto ai controlli effettuati (o meglio non effettuati) sul ponte, il capo del tronco ligure ha spiegato che «a questa opera erano dedicate molte e diverse tipologie di verifiche con indagini approfondite per comprendere anche lo stato di salute dei componenti interni, quelli che — ha chiarito — non è possibile misurare fisicamente se non attraverso interventi distruttivi». In pratica rompendo il cemento che copre i tiranti.
L’ingegnere ha anche ricordato che Autostrade, proprio per l’unicità del Morandi, ha chiesto «verifiche e certificazioni sui controlli che venivano svolti, quasi ogni tre mesi, ai più importanti enti internazionali in materia di calcestruzzo», perché «ad un certo punto ci è pure venuto il dubbio che stessimo utilizzando metodi superati, ma non era così».
E perché avete ignorato lo stato di degrado del ponte? «Nulla di quello che abbiamo negli atti, nulla di quello che abbiamo visionato poteva lasciar presagire ciò che tragicamente è accaduto. Certo, è evidente che il ponte è venuto giù...».