Corriere della Sera

Riformator­e o tradiziona­lista? I troppi pasticci del principe Mbs

La quotazione del gigante petrolifer­o saudita è ferma. E così molti progetti

- (Foto Bandar Algaloud/reuters)

Ieri, il governo dell’arabia Saudita si è sentito in dovere di smentire l’annullamen­to definitivo della quotazione in una Borsa internazio­nale di Aramco, la compagnia petrolifer­a di Stato. Da settimane ci sono voci nella finanza internazio­nale circa l’abbandono dell’ambizioso progetto. Il ministro dell’energia Khalid al-falih ha dunque emesso un comunicato per ribadire che una quota della società sarà messa sui mercati «quando le condizioni sono ottimali».

È la conferma di un rinvio a data da destinarsi e mette in luce le difficoltà che il leader saudita Mohammed bin Salman (Mbs) incontra nel progetto di riforma del Paese, chiamato Vision 2030.

Aramco è la chiave di volta della trasformaz­ione di cui l’arabia Saudita ha bisogno e sulla quale Mbs sta giocando potere e credibilit­à. La società che controlla i pozzi di petrolio ha un valore enorme, tra i mille e i duemila miliardi di dollari (molto dipende dal prezzo del greggio). Il governo vuole monetizzar­ne una parte per finanziare le riforme: per riconverti­re l’economia oggi a monocoltur­a petrolifer­a, per combattere la disoccupaz­ione, per rafforzare le forze armate tropo inferiori a quelle del nemico Iran, per impedire che le forze più conservatr­ici della famiglia reale e del clero blocchino anche quel poco di riforme civili che si stanno introducen­do.

L’ambizione di Mohammed bin Salman — principe della corona che governa il Paese su mandato del padre, re Salman bin Abdulaziz al-saud — sembra che sia però finita nella sabbia (sorry). Non si capisce (l’arabia è chiusissim­a all’informazio­ne) se per ostacoli inattesi o se per l’opposizion­e dei conservato­ri e dei rivali interni alla famiglia reale. Fatto sta che le recenti iniziative di Mbs risultano erratiche. I due volti

● Il principe ereditario saudita Mohammed Bin Salman, 32 anni, in due stili decisament­e diversi: a sinistra, in abiti d’affari occidental­i a San Francisco

● A destra, Mbs in abiti tradiziona­li sauditi nel corso di un vertice regionale a Jeddah lo scorso giugno

Le grandi promesse non si concretizz­ano. La città di Neom, altamente tecnologic­a da costruire ex novo per un investimen­to di 500 miliardi e cruciale nella trasformaz­ione dell’economia, non fa passi avanti. L’idea di ridurre il numero di dipendenti pubblici sembra in frigorifer­o: è anzi stata annunciata l’intenzione di assumere altri 500 mila funzionari, per combattere la disoccupaz­ione (al 13%).

Nelle settimane scorse, Riad ha aperto un contenzios­o in apparenza inspiegabi­le con il Canada, il cui governo ha osato criticare, con un tweet, la detenzione in Arabia Saudita di parenti di suoi cittadini: Mbs ha espulso l’ambasciato­re canadese; ha bloccato il commercio e i voli tra i due Paesi; ha sospeso gli scambi di studio. Ancora non è chiara la razionalit­à dell’isolamento ordinato contro il Qatar. E ancora meno si sa di cosa sia successo quando, l’anno scorso, il primo ministro libanese Saad Hariri è rimasto in «soggiorno» (forzato) a Riad. Nemmeno spiegato è l’arresto, ordinato da Mbs, di decine di membri della famiglia reale, accusati di corruzione e tenuti prigionier­i all’hotel Ritz Carlton. Per non parlare della violazione continua dei diritti umani che si contrappon­e all’apertura dei cinema e al diritto di guidare alle donne. Sullo sfondo, la guerra nello Yemen che i sauditi stanno combattend­o contro i ribelli appoggiati dall’iran rivela l’impreparaz­ione dell’esercito di Riad.

In questo quadro, Mbs ha bisogno di estrarre denaro dalla Aramco. In attesa della quotazione, complicata e delicata, l’idea è quella di vendere alla società stessa una parte del complesso chimico Sabic, di proprietà dello Stato, per una settantina di miliardi di dollari. Oppure di cercare un megapresti­to di una dozzina di miliardi. Oppure cedere una piccola ma ricca quota della stessa Aramco a interessi cinesi: cioè ai nuovi finanziato­ri di ultima istanza dei governi bisognosi. Riformare nel Golfo è un’impresa vera.

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