Caserta, sindaco contro Feltrinelli: quella guida sul Sud è da querela
La difesa di città e Reggia. Anche se cambiare in meglio si può
C’ è un’aspra polemica di fine estate — con nemmeno tanto velate minacce di querela per diffamazione — tra il sindaco di Caserta e l’editore Carlo Feltrinelli.
Il problema è una guida dedicata al Sud e alle Isole che descrive Caserta in poche parole e un po’ tranchant in verità. Ora, a parte che Caserta ha da sempre questo problema, prendi P.P. Pasolini (usò nel 1970 il delizioso e abbandonato borgo medievale di Caserta Vecchia come location per il Decamerone) che descriveva la città con molta velocità e senza troppi complimenti, insomma non gli piaceva affatto, ma è da sottolineare che questa guida, Italia del Sud e isole di Ros Belford, è del 2016. Quindi chissà perché sono passati due anni senza che nessuno si accorgesse dei suddetti giudizi. Ma poi, dai, trattasi di guide riassuntive, poche indicazioni e via. Nello specifico Caserta viene definita anonima e incongruentemente circondata da una serie di complessi industriali e magazzini.
Forse non è anonima, uno potrebbe dire, anzi, che è molto vitale. Il critico Goffredo Fofi un po’ per scherzo disse che era una piccola Atene, e poi ci sono ristoranti e bei locali, tra le migliori pizzerie al mondo, una bella movida, due o tre negozi che sono un must in fatto di tendenze di moda. Vero i complessi industriali, però fanno, fortunatamente, parte della modernità. Anzi, ad averceli, non si campa di solo turismo e bellezza, ma servono soldi sia per visitare sia mantenere in forma le suddette bellezze: viva l’industria e l’architettura industriale (magari la facciamo funzionare a dovere).
Tuttavia tecnicamente parlando l’incongruenza urbanistica in parte si vede. Se salite, appunto, a Caserta Vecchia e la guardate dall’alto, noterete certamente un impianto a castrum, almeno per il centro, ma non appena allargate lo sguardo e bè: si vede, diciamo così, una certa edificazione spontanea che al visitatore, non del luogo e non avvezzo ai costumi, può infastidire. Sulla Reggia poi, e qui, come si dice: a chi piace e a chi no. All’autore non è piaciuta, gli è sembrata inutile, sfarzosa, pesante, piena di stucchi. Naturalmente riconosce che gli scaloni sono belli. Non è il solo. Il grande Bruno Zevi della Reggia scrisse questo: «Blocco ciclopico, prisma inesorabilmente chiuso, scevro di scatti, dotato di 4 cortili che l’architetto in un momento di trasgressività avrebbe voluto diversi ma che invece sono uguali». Mentre il parco sempre secondo Zevi: «È favoloso, gremito di cascate e decorazioni». È un palazzo fortezza con tutte le sue implicazioni culturali. Alcuni casertani dicono che è seconda solo a Versailles, mentre il sindaco nella sua arringa difensiva sostiene che è superiore a Versailles, e comunque lo scrittore Francesco Piccolo, 20 anni fa, scrisse un divertentissimo saggio/racconto proprio a partire da questo modo di pensare la città: seconda solo a Versailles. Poi c’è il problema hinterland, il triangolo della morte, a sentire la guida. Detta così ricorda il triangolo delle Bermuda ma non conviene fare dell’ironia, nessuno consiglierebbe al visitatore di andare a Casale di Principe a fare un giro, anche se lungo la strada i caseifici sono ottimi e a Carditello c’è il Real Sito che vale la pena vedere.
Non so, da ex casertano se fossi nei panni del sindaco non me la prenderei più di tanto. Vero, la parzialità dei giudizi crea semplificazioni fastidiose, però purtroppo la città è come un libro, i lettori leggono e poi esprimono giudizi, a volte umorali. Possiamo migliorare il testo, questo sì, assolutamente e nel processo di miglioramento che è impegnativo, è meglio essere una città aperta che discute le critiche, piuttosto che mettere in circolo quelle fastidiose carte bollate per dimostrare in tribunale che noi non siamo così ma ci dipingono così.