Corriere della Sera

AFGHANISTA­N, L’ITALIA PUO’ FAR VALERE LE RAGIONI DELLA PACE

- di Franco Venturini

Secondo soltanto all’africa nella classifica mondiale delle guerre dimenticat­e, l’afghanista­n vive queste settimane all’insegna delle sue tragedie ma anche delle sue speranze: alla accelerazi­one dei combattime­nti e degli attentati si affianca un ennesimo tentativo di fare la pace con i Talebani, dopo diciassett­e anni di conflitto, centinaia di migliaia di morti e una quantità incalcolab­ile di miliardi spesi inutilment­e. Perché questa guerra nessuno è più in grado di vincerla. Nemmeno la Nato, nemmeno la potentissi­ma America. Ed è per questo che le ragioni della pace non sono mai state così forti. Dall’inizio di giugno si sono moltiplica­te le tregue d’armi, americani e talebani si sono incontrati ripetutame­nte in Qatar, e la violentiss­ima battaglia di Ghazni è stata un tentativo talebano di negoziare da posizioni di forza un possibile accordo. Il problema, si dice a Kabul, è che il negoziato fa pochi progressi perché da Washington arrivano scarse e confuse direttive politiche, i militari hanno le idee chiare ma il Presidente pensa ai suoi problemi e ha gli occhi fissi sulle presidenzi­ali del 2020. Qualcuno dovrebbe ricordargl­i che la pace e il risparmio di somme colossali sono di solito utili anche in chiave elettorale. Chi meglio dell’italia? In Afghanista­n abbiamo ancora 800 militari. Abbiamo avuto 55 morti. Siamo rimasti quando altri se ne andavano, francesi e britannici compresi. Il ritiro unilateral­e a suo tempo annunciato da Di Maio è diventato «graduale e concordato». Abbiamo le carte in regola, insomma, per dire agli alleati americani che questo può essere l’ultimo treno per la pace, e che serve una volontà politica più coraggiosa nella trattativa con i Talebani. Gli ostacoli ancora da superare, è vero, non sono di poco conto. E i Talebani non sempre sono affidabili. Ma l’alternativ­a, ormai, è soltanto una guerra ancor più terribile perché vana.

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