AFGHANISTAN, L’ITALIA PUO’ FAR VALERE LE RAGIONI DELLA PACE
Secondo soltanto all’africa nella classifica mondiale delle guerre dimenticate, l’afghanistan vive queste settimane all’insegna delle sue tragedie ma anche delle sue speranze: alla accelerazione dei combattimenti e degli attentati si affianca un ennesimo tentativo di fare la pace con i Talebani, dopo diciassette anni di conflitto, centinaia di migliaia di morti e una quantità incalcolabile di miliardi spesi inutilmente. Perché questa guerra nessuno è più in grado di vincerla. Nemmeno la Nato, nemmeno la potentissima America. Ed è per questo che le ragioni della pace non sono mai state così forti. Dall’inizio di giugno si sono moltiplicate le tregue d’armi, americani e talebani si sono incontrati ripetutamente in Qatar, e la violentissima battaglia di Ghazni è stata un tentativo talebano di negoziare da posizioni di forza un possibile accordo. Il problema, si dice a Kabul, è che il negoziato fa pochi progressi perché da Washington arrivano scarse e confuse direttive politiche, i militari hanno le idee chiare ma il Presidente pensa ai suoi problemi e ha gli occhi fissi sulle presidenziali del 2020. Qualcuno dovrebbe ricordargli che la pace e il risparmio di somme colossali sono di solito utili anche in chiave elettorale. Chi meglio dell’italia? In Afghanistan abbiamo ancora 800 militari. Abbiamo avuto 55 morti. Siamo rimasti quando altri se ne andavano, francesi e britannici compresi. Il ritiro unilaterale a suo tempo annunciato da Di Maio è diventato «graduale e concordato». Abbiamo le carte in regola, insomma, per dire agli alleati americani che questo può essere l’ultimo treno per la pace, e che serve una volontà politica più coraggiosa nella trattativa con i Talebani. Gli ostacoli ancora da superare, è vero, non sono di poco conto. E i Talebani non sempre sono affidabili. Ma l’alternativa, ormai, è soltanto una guerra ancor più terribile perché vana.