E Modigliani ruppe il silenzio
«L’accordo sulla scala mobile è dannoso, perché gli economisti non lo dicono?»
Caro Dottor Baffi, (...). Ho letto la sua lettera con immenso interesse, anche se mi ha un po’ rattristato la sua amarezza, che purtroppo è ampiamente giustificata. Mi ha fatto soprattutto piacere vedere come le sue vedute corrispondano totalmente alle mie, sia nel giudicare l’accordo ed i suoi motivi, sia nell’analisi delle spiacevoli scelte che esso apre per la politica monetaria e dei tassi di cambio. Avevo già abbozzato un secondo articolo dedicato a questo punto, ma poi vi avevo rinunziato parendomi eccessivamente pessimista ed allarmista. Tuttavia dopo le critiche che mi sono state fatte direttamente e indirettamente ed alla luce delle ripetute asserzioni che l’accordo, anche se inflazionistico, avrebbe aiutato la ripresa, affermazione che nessuno dei colleghi italiani ha ritenuto opportuno smentire, mi sono sentito costretto a ribattere con l’articolo di domenica 9 marzo sul «Corriere». Il silenzio dei miei colleghi italiani sull’accordo, e soprattutto sulle conseguenze della contingenza unificata, mi stupisce veramente. O io mi sbaglio di grosso nel pensare che una volta esteso a tutti avrà effetti disastrosi, ed in questo caso vorrei sapere dove sbaglio, oppure mi sembra che altri si dovrebbero scuotere per dare l’allarme. Certo il problema non è immediatissimo, ma diventerà già abbastanza serio a partire dal febbraio prossimo, quindi non c’è più tanto tempo da sprecare.
Non mi meraviglierei affatto se, come lei accenna, dietro la resa della Confindustria ci fosse una certa disposizione favorevole verso l’inflazione; certo non credo abbiano mai inteso di assorbire l’aumento, come lo ha dimostrato subito la Fiat. Né mi meraviglierebbe se, come hanno suggerito alcuni, la Fiat non vedesse tanto di malocchio un accordo che, dando lo stesso ammontare a tutti, produce per essa un aumento proporzionalmente molto al di sotto della media.
Naturalmente avrà contato anche il timore di scioperi e violenza; ma se per ottenere che gli operai facciano il loro normale lavoro occorre dare tutto quello che chiedono, per assurdo che sia, questo indica l’impossibilità di controllare occupazione e inflazione. Ma sopratutto, date le condizioni presenti, come è possibile che nessuno si impegni a far capire ai sindacati che aumenti di salari monetari senza aumenti di produttività possono solo generare inflazione o disoccupazione? Che io sappia,
l’unico che ha provato a dirlo, seppure forse senza chiare argomentazioni, è stato La Malfa, e comunque a titolo personale e non a nome del governo. D’altra parte non è da escludersi che gli stessi sindacati vedano l’inflazione di buon occhio pensando, con qualche ragione, che con gli affitti bloccati e le tariffe pubbliche vischiose, possa ancora tornare a vantaggio degli operai (come ho accennato nel mio articolo). E questa forse è una delle ragioni, fra tante, per cui sarebbe ora di metter fine al blocco degli affitti, blocco che a questo punto mi sembra iniquo, sopratutto tenendo conto della maniera arbitraria col quale si applica. Questo è un argomento sul quale solo ora
mi sento libero di parlare avendo venduto il palazzo di appartamenti (bloccatissimi) che possedevo ancora a Roma fino a poco tempo fa! Però non ne ho ancora scritto pensando che con i miei due recenti articoli mi sono già reso sufficientemente impopolare!
Certo i mesi prossimi non saranno facili per Lei e per il Governatore e posso solo augurarle «to make the best out of a terrible mess». D’altra parte la nostra situazione qui non è poi tanto più invidiabile, presi nella morsa fra un governo decisamente incompetente ed una banca centrale paralizzata da dogmi monetaristi.