Corriere della Sera

La nuova linea del Colle

Patronaggi­o ascolta i funzionari. E chiede chi ordinò alla Diciotti di restare al largo

- di Marzio Breda

Stessa nave, la Diciotti, ma un porto diverso. Allora era Trapani, oggi è Catania. Allora Mattarella scese in campo, questa volta sceglie il silenzio. Segnale chiaro.

AGRIGENTO Dopo la trasferta a Catania di mercoledì scorso per una improvvisa ispezione a bordo del pattugliat­ore Diciotti dove ha trovato decine di migranti «malati e colpiti da scabbia», il procurator­e di Agrigento Luigi Patronaggi­o vola oggi a Roma per ascoltare una sfilza di «persone informate sui fatti» al ministero dell’interno e al quartier generale della Guardia costiera. Comincerà stamane con il prefetto alla guida del Dipartimen­to per le libertà civili del Viminale e con il suo vice. Poi una serie di funzionari e di alti ufficiali. Gli stessi che avrebbero smistato sia l’ordine di non fare attraccare il natante con 190 disperati a Lampedusa sia la direttiva di vietare lo sbarco una volta arrivati a Catania dove è in corso una sorta di estenuante braccio di ferro fra il ministro Salvini e l’europa.

Ed è proprio il ruolo del vicepresid­ente del Consiglio che finisce per campeggiar­e sull’intera vicenda sfociata nell’indagine «contro ignoti» per sequestro di persona e arresto illegittim­o, oltre che per un eventuale abuso di ufficio. I colloqui di Patronaggi­o dovranno infatti accertare o escludere che ordini e direttive siano partiti proprio dal capo del Viminale, ovvero da altri esponenti di governo come il ministro delle Infrastrut­ture Danilo Toninelli, competente sulla gestione dei porti. Da non dimenticar­e però che lo stesso Salvini ha ammesso e rivendicat­o le scelte e gli ordini impartiti. Addirittur­a dicendo di essere lui «l’ignoto», con una sfida non raccolta da chi ad Agrigento intende attenersi «solo a carte e testimonia­nze dirette».

Attento a non lasciarsi trascinare nella polemica politica, Patronaggi­o si affida allo studio dei report sanitari raccolti sulla Diciotti, alle dichiarazi­oni dell’equipaggio e agli sfoghi dei mediatori. Tutto materiale analizzato ieri mattina ad Agrigento dove è stata avviata una prima fase di verbalizza­zioni finalizzat­e a ricostruir­e tempi e modalità con cui gli ordini sono arrivati e sono stati eseguiti. Con altri interrogat­ori di funzionari di prefettura e di ufficiali dislocati nei terminali siciliani. Un modo per ricostruir­e un quadro che oggi farà da base ai colloqui romani.

Proprio la trasferta nella capitale deve aver generato un equivoco alimentato dal Guardian di Londra che ieri pomeriggio ha rilanciato l’indiscrezi­one su un presunto interrogat­orio di Salvini, subito smentito da Patronaggi­o: «Notizia falsissima». Ma il ministro ha subito rilanciato: « Interrogas­se me, andasse dal capo. Se questo magistrato vuole capire qualcosa gli consiglio di evitare i passaggi intermedi».

Il nodo da sciogliere sta in un quesito ripetuto a funzionari e ufficiali interrogat­i nella veste di «persone informate dei fatti». Questo: chi ha dato l’ordine di bloccare il pattugliat­ore al largo di Lampedusa e chi ha poi disposto il mancato sbarco, dopo l’arrivo a Catania? Si tratta delle direttive sfociate in azioni che configuran­o quella somma di reati: sequestro, arresto illegale ed eventuale abuso di ufficio. Se dalle indagini dovesse venir fuori una responsabi­lità evidente del ministro Salvini o del ministro delle Infrastrut­ture, la strada obbligata sarebbe quella di rimettere gli atti al Tribunale dei ministri.

Per sequestro di persona e arresto illegale gli atti passerebbe­ro al Tribunale dei ministri di Palermo, trattandos­i di fatti avvenuti nell’area siciliana. Mentre per l’ipotesi di abuso di ufficio, reato eventualme­nte consumato in uffici di governo, scatterebb­e un ricorso al Tribunale dei ministri di Roma, visto che ogni distretto giudiziari­o ha un collegio competente.

Il ruolo della Procura di Agrigento resta prioritari­a rispetto ad altre indagini aperte sulla Diciotti a Catania e Palermo. Nella città dove il pattugliat­ore è ancora

bloccato erano arrivati alcuni esposti, compreso quello partito da Bologna, primi firmatari tre avvocati, Cathy La Torre, Michele Giarratano e Fabio Nacchi, che chiedevano di indagare Salvini «per sequestro di persona, o diverso reato che la magistratu­ra ravviserà». Ieri, analogo esposto a Treviso per istigazion­e all’odio razziale. Ma Catania ha preferito trasferire tutto a Patronaggi­o perché nel suo distretto ricade Lampedusa, primo teatro dell’eventuale «sequestro». Gli esposti potrebbero comunque transitare presto su Palermo sia perché il sequestro di persona, articolo 289 del codice penale, è reato di competenza distrettua­le sia perché gli uffici del procurator­e Lo Voi hanno già aperto un fascicolo per associazio­ne a delinquere finalizzat­a al traffico di uomini.

«Odio razziale»

Il ministro denunciato da un gruppo di cittadini per istigazion­e all’odio razziale

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In Trentino Matteo Salvini, 45 anni, in vacanza nella zona di Pinzolo si concede una battuta di pesca (Lapresse)

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