Corriere della Sera

IL PIANO «Caduta guidata» Così sarà demolito il ponte di Genova

L’ipotesi di un «collasso accompagna­to» con l’utilizzo di piccole cariche di esplosivo Inevitabil­e il sacrificio di alcune abitazioni

- di Giusi Fasano

«Collasso accompagna­to». Ecco come sarà abbattuto il ponte Morandi di Genova. Giovedì sera si sono riuniti i tecnici per definire il piano di abbattimen­to che dovrà essere presentato entro la fine della prossima settimana. La società Autostrade ha chiesto aiuto alle maggiori aziende italiane specializz­ate nella demolizion­e di grandi opere. Quel che resta del ponte dovrà collassare, «assistito» da cariche di dinamite che lo faranno atterrare esattament­e dove e come stabiliran­no gli esperti. Verranno per forza sacrificat­e alcune case. Le modalità di abbattimen­to saranno diverse da un punto all’altro della città.

Itecnici riuniti giovedì sera per discutere della sorte del ponte Morandi hanno parlato di «collasso accompagna­to», un’espression­e che rende bene l’idea di quel che gli succederà: collassare, appunto, assistito nella caduta da cariche di dinamite.

Quelle cariche lo faranno atterrare dove e come stabiliran­no gli esperti, anche su alcune case della zona rossa. Questo verso la parte est. Perché è probabile che le modalità di demolizion­e siano diverse da un punto all’altro, dato che è differente anche il modo in cui è stato costruito.

Per definire il piano di abbattimen­to che dovrà presentare entro la fine della settimana prossima, Autostrade ha chiesto aiuto ad alcune delle poche aziende specializz­ate italiane con esperienza nelle demolizion­i di grandi opere civili. Le proposte di queste aziende arriverann­o entro merealtà tà della prossima settimana, dopodiché gli ingegneri di Autostrade valuterann­o da quale partire per mettere a punto le loro due-tre ipotesi di abbattimen­to.

Tutto è prematuro, quindi. Ma due cose sembrano ormai certe: l’utilizzo di esplosivi e il «sacrificio» delle palazzine sotto le parti da abbattere. Si parla di due-tre ipotesi ma in

Fori da mina Con un cestello elevatore saranno fatti dei fori da mina in punti strategici dove piazzare le cariche

una è al momento remotissim­a, e cioè l’idea di «smontare» parte del Morandi e consentire alle persone di recuperare i beni dalle loro case prima di abbattere il resto con gli esplosivi. Soluzione complicata, dai tempi troppo lunghi e senza garanzia che — smontata la parte scelta — non si compromett­a la tenuta di tutto il resto. Le altre due possibilit­à si differenzi­ano per estensione dell’intervento: abbattere assieme i piloni 10 e 11 oppure prima l’uno e poi l’altro.

Esplosivo, dunque. Alla Tecnomine di Piacenza — una delle aziende interpella­te da Autostrade che si occupa di esplosivi e che lavora in cordata con la General Smontaggi di Novara e la Deam ingegneria di Torino — stanno studiando come poca chili» dinamite, tirar spiega giù il il «meno responsabi­le Morandi di con 200 Beppe proposta Zandonella. indicherem­o «Nella nostra il minimo sindacale di dinamite per metterlo a terra a pezzi, non per sbriciolar­lo», dice, «anche perché questo è l’input che ci è arrivato». Sono della stati Procura i consulenti a dare tecnici quell’input: per tutelare il più possibile il materiale crollato che potrebbe diventare eventuale fonte di prova. A dire il vero — anche se Regione e Comune spingono per velocizzar­e i tempi — la Procura farebbe a meno di parlare di demolizion­e. Il procurator­e Francesco Cozzi ripete che è pronto a firmare il dissequest­ro dell’area ma «soltanto se esiste un pericolo per l’incolumità pubblica» mentre l’esigenza di «realizzare un ponte per far passare sopra i veicoli» non prevale sulla salvaguard­ia delle prove.

Che sia fra poche settimane o fra mesi, l’esplosione controllat­a, spiega Zandonella, «prevede che si facciano dei fori da mina in punti strategici nei quali introdurre l’esplosivo. Le cariche saranno piazzate alla base e in alto, con un cestello elevatore». La dinamite viene fatta esplodere in modo da creare una sequenza di rotture locali che avvengono a decimi di secondo l’una dall’altra e che «accompagna­no» la caduta. Il Morandi è lungo più di un chilometro ed è diverso da una zona all’altra. Quindi non è escluso che per qualche tratto si pensi anche all’abbattimen­to meccanico con escavatori radiocoman­dati: agiscono alla base martelland­o il ponte finché viene giù, ma in questo caso non si può controllar­e la caduta. I tempi? La risposta è sempre vaga: «Mesi». Almeno due.

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Corriere della Sera - Infografic­a Sabina Castagnavi­z

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