Corriere della Sera

Il Quirinale non intende offrire scorciatoi­e

- di Marzio Breda

«D evo far scendere a terra i migranti perché lo vuole Mattarella… Ma sia chiaro: su questo problema io non mollo…». Così un mese e mezzo fa Matteo Salvini aveva giustifica­to lo sbarco a Trapani di un piccolo contingent­e di naufraghi raccolti da un pattugliat­ore della guardia costiera. La nave era la stessa al centro delle polemiche oggi, la Diciotti. E chissà, nella spericolat­a prova di forza del ministro dell’interno, uguale dovrebbe magari essere l’epilogo della sfida in corso a Catania: cari italiani, mi tocca far sbarcare anche questi altri aspiranti profughi. Ma è tutta colpa del Quirinale, io resto contrario…

Stavolta però il gioco del duro sovranista costretto a capitolare per la ragion di Stato, il leader della Lega non lo potrà fare. Né lui né il partner di governo, e capo dei 5 Stelle, Luigi Di Maio, che lo spalleggia. Il presidente della Repubblica, infatti, non intende offrire scorciatoi­e a chi si è reinfilato in una strada senza uscita, portando lo scontro a un livello insostenib­ile. Sentimenti personali a parte, non si metterà in mezzo per tre ragioni: 1) perché la politica estera e quella sulle migrazioni spettano al governo; 2) perché non condivide i toni e i modi con cui la partita è stata condotta, con diktat che lesionano la Costituzio­ne e varie leggi, oltre che con destabiliz­zanti minacce all’ue; 3) perché non vuole consentire a nessuno di utilizzare il suo nome per lucrare dividendi elettorali (a parte chi profetizza già una prossima caduta dell’esecutivo, con voto interno, in primavera si voterà comunque per il Parlamento europeo).

Ora, siccome bisognerà mettere prestissim­o un punto all’intera faccenda prima che sfoci nell’emergenza, Mattarella si aspetta che a sbloccare l’impasse sia il premier, al quale compete la direzione politica dell’esecutivo. Se poi è vera l’attenzione al calcolo costi-benefici, a Conte non sarà sfuggito che l’atteggiame­nto tenuto finora dal duo Salvini-di Maio ha peggiorato la situazione. Il ricatto a Bruxelles sul versamento dei contributi italiani all’ue ha prodotto la concreta prospettiv­a di «sanzioni e interessi aggiuntivi» per il nostro Paese. E l’annuncio salviniano di un patto con l’ungherese Orbán non ha smosso di un millimetro l’atteggiame­nto dei Paesi del gruppo di Visegrad, che certo non ci aiuteranno sui migranti. Questione umanitaria a parte, davvero nessun successo.

Le ragioni

Mattarella non condivide toni e modi né vuol consentire a nessuno di utilizzare il suo nome per ottenere dividendi elettorali

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