La Spagna rimuove Franco: via i resti dal mausoleo
Decreto del governo Sánchez per spostarli dal luogo dove sono ricordate le vittime. La destra insorge
Sarà un intervento delicato e non privo di rischi. L’esumazione dei resti del dittatore Francisco Franco, deciso ieri dal governo socialista di Pedro Sánchez, e lo sfratto dopo 43 anni dal Valle de los Caidos, l’imponente basilica nella Sierra di Guadarrama, a nordovest di Madrid, richiederanno discrezione e misure di sicurezza non indifferenti. Gli estimatori del generalissimo o, perlomeno, quelli che ancora adesso lo ricordano con qualche nostalgia, sono pronti a infiammarsi per quella che considerano più o meno una profanazione. Il Partito popolare, al governo fino a giugno quando una mozione di censura presentata dai socialisti lo ha destituito, ha annunciato ricorso.
Il governo spagnolo conta di chiudere la questione al massimo entro l’anno; e intende dare alla famiglia di Franco 15 giorni di tempo per comunicare il luogo in cui desidera sia trasferita la salma. In caso di mancato riscontro, sarà il governo a scegliere una nuova dimora «dignitosa e rispettosa», lontano però da quel gigantesco mausoleo fatto costruire da Franco per José Antonio Primo de Rivera, il fondatore della Falange ucciso all’inizio della guerra civile, e per i caduti nazionalisti. Negli anni ’50, però, il dittatore aveva ordinato di trasferire anche i resti dei vinti, riesumati da fosse comuni, in un malinteso segno di pacificazione. Delle 33.847 persone, le cui ossa sono accumulate nella cripta, 12.530 sono ignote, mentre le famiglie di migliaia di desaparecidos si disperano all’idea che siano sepolti accanto ai loro nemici.
Incerto il destino del Valle de los Caidos senza Franco. Carmen Calvo, vice di Sanchéz, vorrebbe un memoriale sul modello di Auschwitz, mentre Ciudadanos, partito di centrodestra, vedrebbe meglio un cimitero militare di veterani. Una Arlington spagnola.