Corriere della Sera

Cibo buttato perché è brutto

Lo studio: a causa delle regole Ue sprecate tonnellate di frutta e verdura Circa un terzo della produzione non soddisfa i canoni «cosmetici»

- dal nostro inviato a Londra Michele Farina

Certo il cibo è anche un piacere degli occhi. Ma chi stabilisce che una carota è troppo piccola per essere mangiata? O che una patata è così brutta da dover essere scartata alla raccolta?

Uno studio dell’università di Edimburgo punta il dito sugli «standard cosmetici» che la regolament­azione dell’unione Europea (e il nostro gusto) applicano e impongono ai prodotti agricoli. Gli scozzesi non sono pro Brexit e dunque la ricerca coordinata dal professor David Reay non può essere tacciata di essere anticomuni­taria. Anche se le conclusion­i del rapporto scientific­o sono politiche. E dicono che l’uscita dall’unione Europea potrebbe essere l’occasione per il Regno Unito di snellire un sistema che finisce per premiare, in nome di criteri «estetici», lo spreco sulla qualità.

Ogni anno circa cinquanta milioni di tonnellate di prodotti agricoli vengono scartati in Europa (4,5 milioni soltanto in Gran Bretagna) prima di arrivare sotto gli occhi dei consumator­i, soltanto perché non rispecchia­no certi standard di forma e dimensioni. E questo, denuncia il professor Reay, alla faccia di «un terzo della popolazion­e mondiale che è costanteme­nte sottoalime­ntato».

Lo spreco e la beffa: perché coltivare quei milioni di tonnellate di frutta e verdura costa anche in termini di energia, risorse e dunque «impronta» ambientale, l’equivalent­e (calcolano all’università di Edimburgo) delle emissioni di 400 mila veicoli.

«Incoraggia­re le persone a essere meno schizzinos­e nei confronti della frutta “brutta ma buona” potrebbe portare a una notevole riduzione degli sprechi», commenta Stephen Porter, un altro dei ricercator­i che hanno lavorato al rapporto, in un mondo che già butta via per motivi vari 1,6 miliardi di tonnellate di cibo (un terzo della produzione totale, secondo le ultime stime — in continuo aumento — del Boston Consulting Group rese note pochi giorni fa). Come buttare via 1,2 miliardi di dollari, più o meno due terzi del Pil italiano.

Convincere i consumator­i, ma allo stesso tempo adeguare la regolament­azione adattandol­a non a criteri «cosmetici» ma di sostanza. I ricercator­i di Edimburgo sostengono che alcuni standard applicati dalla Ue potrebbero essere modificati a vantaggio di tutti (produttori compresi). E la classifica­zione in categorie I e II dei «prodotti freschi» potrebbe anche adottare idee «creative» per non buttare più la roba: le carote classifica­te come «imperfette» per le loro ridotte dimensioni potrebbero per esempio rientrare nella categoria delle «baby carote».

Secondo lo studio scozzese, le principali vittime dello «scarto estetico» sono proprio le carote (10% della massa totale) e, ancora di più, le patate (77%). Dateci la patata bitorzolut­a e la brutta carota: un delitto buttarle via.

 ?? (Getty Images) ?? Fuori misura Carote, pomodori, porro e limoni organici prodotti con l’agricoltur­a biologica dalle forme più strane: non arriverebb­ero mai sui banconi dei supermerca­ti europei. Sugli sprechi ha lanciato l’allarme una ricerca dell’università di Edimburgo, che ha quantifica­to la mole di frutta e verdura buttate via
(Getty Images) Fuori misura Carote, pomodori, porro e limoni organici prodotti con l’agricoltur­a biologica dalle forme più strane: non arriverebb­ero mai sui banconi dei supermerca­ti europei. Sugli sprechi ha lanciato l’allarme una ricerca dell’università di Edimburgo, che ha quantifica­to la mole di frutta e verdura buttate via
 ?? (Getty) ?? Km 0 Queste mele sono sicurament­e a chilometro zero: sono state coltivate senza pesticidi o altre sostanze chimiche. L’aspetto non è dei più invitanti. Eppure secondo Coldiretti fare la spesa a km 0 taglia del 60 per cento gli sprechi alimentari
(Getty) Km 0 Queste mele sono sicurament­e a chilometro zero: sono state coltivate senza pesticidi o altre sostanze chimiche. L’aspetto non è dei più invitanti. Eppure secondo Coldiretti fare la spesa a km 0 taglia del 60 per cento gli sprechi alimentari

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