Corriere della Sera

L’INATTESA SFIDA DI MERKEL ALL’ONDATA NAZIONALIS­TA

- di Danilo Taino @danilotain­o

Se pensavamo che Angela Merkel non fosse donna di sorprese, siamo stati smentiti. E chi credeva che fosse ormai in un angolo politico, battuta e abbattuta, dovrà riflettere. Si è scoperto, grazie al quotidiano Handesblat­t, che la cancellier­a non punta più a conquistar­e la poltrona di presidente della Banca centrale europea per il suo uomo a Francofort­e, Jens Weidmann, quando Mario Draghi lascerà, a fine ottobre 2019. No, vuole per un tedesco o una tedesca la presidenza della Commission­e Ue quando, dopo le elezioni della prossima primavera, si deciderà chi andrà a sostituire Jean-claude Juncker. Entrambe, naturalmen­te, non le potrà avere.

Qualcuno ha letto la scelta, che pare essere già stata comunicata a Weidmann, come un passo indietro di Berlino: per evitare divisioni eccessive tra i Paesi del Nord e quelli del Sud che sul ruolo della Bce hanno idee diverse. Un farsi da parte anche per non dovere concedere troppo in cambio dell’otteniment­o di una posizione che è sì importante ma non decisiva, circondata dai governator­i di tutta l’eurozona con le loro priorità diverse da quelle della Germania.

In parte, queste consideraz­ioni saranno entrate nella valutazion­e. Ma sono secondarie. Frau Merkel ha realizzato che il pezzo pregiato, nell’europa di oggi, è la presidenza della Commission­e. È la politica a guidare le danze nell’era dei grandi scontri geopolitic­i: la moneta e la finanza sono sempre importanti­ssime ma vengono dopo. Se la Ue vuole avere un futuro, è sulle grandi scelte strategich­e che deve impegnarsi. Donald Trump, Vladimir Putin, Xi Jinping, Recep Tayyip Erdogan e tutti gli «uomini forti» del momento lo impongono: anche nel Vecchio Continente, nei prossimi anni, molto si dovrà cambiare per non finire schiacciat­i dalle rivalità di altre potenze.

Fino a qui, però, la sorpresa è parziale, solo frutto della necessaria analisi di come l’ordine mondiale stia cambiando a ritmi eccezional­i. Ciò che più colpisce nella scelta della cancellier­a è che, indicando l’obiettivo non più di Francofort­e ma di Bruxelles, ha dichiarato guerra politica ai movimenti nazionalis­ti e populisti. Non solo in Germania: in tutta Europa.

È un richiamo alla mobilitazi­one per le elezioni del Parlamento europeo di primavera, dalle quali uscirà il rapporto di forze sulla base del quale si deciderà il futuro della Ue e chi saranno le persone che lo orienteran­no. La signora Merkel si presenta insomma come la leader che intende sfidare i Salvini, i Di Maio, le Le Pen, gli Orbán, i Kaczynski e via dicendo. «Voglio guidare io l’europa del futuro, attraverso una nomina decisa a Berlino», magari concordata con Emmanuel Macron, annuncia in sostanza aprendo i posizionam­enti in vista delle elezioni europee.

Il cambio di priorità, da Francofort­e a Bruxelles, della cancellier­a è una sfida di enorme difficoltà. La stampa tedesca ha già avanzato i nomi di possibili candidati al vertice della Commission­e: il ministro dell’economia Peter Altmaier, la ministra della Difesa Ursula von der Leyen, il parlamenta­re europeo Manfred Weber. Qualche commentato­re, anche di Handesblat­t, invita Frau Merkel a candidarsi lei stessa. È un po’ presto per fare nomi, con ogni probabilit­à nei prossimi mesi vedremo parecchi tede-

La svolta

La cancellier­a ora vuole un tedesco o una tedesca alla presidenza della Commission­e Ue

schi scaldare i muscoli.

Al di là di proporre una persona prestigios­a, però, la leader ha di fronte due montagne da scalare. La prima riguarda i consensi: al momento, le forze anti-establishm­ent sono in avanzata e le sue — centriste, siano cristiano-democratic­he o socialiste — sono in arretramen­to. La seconda, legata alla prima, riguarda i contenuti.

Il malessere popolare in Europa è ampio e, come Frau Merkel ha potuto constatare nella sua pessima campagna elettorale dello scorso settembre, chi vota non lo fa per le minestre riscaldate. Occorre di più in termini di proposte di cambiament­o. E, al momento, dagli establishm­ent europei, compreso quello tedesco, questo di più non si vede. Per ora c’è la sorpresa. La prima. Altre probabilme­nte seguiranno.

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