Sabrine e Ramy, dalla Tunisia con amore
La cattiva notizia è che Sabrine Jenhani e Ramy Zoghlemi — entrambi tunisini, trentuno anni lei e ventinove lui — hanno deciso di separarsi «per concentrarsi su progetti personali e fare scelte artistiche differenti». Peccato, anche se nella vita può essere affascinante imboccare le strade che si intravedono nel corso del cammino. Ma c’è una notizia meno brutta, una piccola consolazione: chi non conosce Ÿuma, il duo che hanno creato nel dicembre 2015, potrà ascoltarli dal vivo ancora per qualche mese, fino alla prossima primavera. Indimenticabili, comunque, i loro due splendidi album: Chura e Ghbar Njoum, che significa «polvere di stelle». Ascoltandolo è facile sognare a occhi aperti la sabbia luminosa che il cielo disperde ogni notte, tra Tozeur e Kairouan, prendendola dalle dune del deserto.
Come sono queste canzoni? Il «genere» a cui appartengono, sia pure nella loro grande originalità, è un folk acustico, malinconico e dolce, influenzato da una tradizione culturale che costituisce il punto di partenza: la lingua è il dialetto arabo parlato comunemente in Tunisia. Alla voce di Sabrine, disegnatrice e compositrice (che ricorda interpreti «storiche», come per esempio Cat Power) si sovrappone quella di Ramy, chitarrista e cineasta. «Rappresentiamo — ha detto a True Africa — una gioventù assetata di musica, ma anche di speranza e di grazia».
«Ÿuma — scrivono — è dalla parte di una poesia amorosa: amorosa nella solitudine, nel destino, nell’assenza, nell’attesa, nel dubbio e finalmente nella rivolta e nella liberazione». I loro testi evitano messaggi politici espliciti, ma le coscienze non possono tacere in un Paese che tenta di proseguire, superando molte difficoltà, il suo compromesso storico tra laicismo e islam. Ecco perché troviamo anche temi legati alla realtà quotidiana, come l’usanza del matrimonio combinato che sopravvive ancora, nonostante i tanti passi avanti compiuti sul terreno dell’uguaglianza tra uomo e donna. Mestenni Ellil è la lettera — una lettera che non arriverà — a una ragazza che viene costretta dai genitori a sposarsi con un ricco vicino di casa. Il dubbio se andarsene dalla Tunisia o restare affiora sempre in controluce. Sabrine cita volentieri Albert Camus, nato nell’algeria francese, per parlare di quella idea di «non appartenenza» che può risultare dal confronto tra culture diverse nelle quali non ci riconosciamo. In questo universo di incertezza, il filo conduttore di molti testi — che , come ha osservato Ramy, «sono più intimi che tristi» — è una sorta di discorso sull’innamoramento e sulla ricerca della «parte mancante» di noi stessi. Proprio l’autore della Peste faceva chiedere a Janine, protagonista del racconto L’adultera, se esista «un amore diverso da quello delle tenebre, un amore che gridi in pieno giorno». La risposta a questa domanda arriva da Nghir Alik, la canzone più bella: «Sei la fonte, sei il segno/ tieni i miei segreti tra le tue mani/sei la stagione, il faro nella nebbia/e sono cieco senza i tuoi occhi».