Corriere della Sera

Sabrine e Ramy, dalla Tunisia con amore

- di Paolo Lepri @Paolo Lepri © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

La cattiva notizia è che Sabrine Jenhani e Ramy Zoghlemi — entrambi tunisini, trentuno anni lei e ventinove lui — hanno deciso di separarsi «per concentrar­si su progetti personali e fare scelte artistiche differenti». Peccato, anche se nella vita può essere affascinan­te imboccare le strade che si intravedon­o nel corso del cammino. Ma c’è una notizia meno brutta, una piccola consolazio­ne: chi non conosce Ÿuma, il duo che hanno creato nel dicembre 2015, potrà ascoltarli dal vivo ancora per qualche mese, fino alla prossima primavera. Indimentic­abili, comunque, i loro due splendidi album: Chura e Ghbar Njoum, che significa «polvere di stelle». Ascoltando­lo è facile sognare a occhi aperti la sabbia luminosa che il cielo disperde ogni notte, tra Tozeur e Kairouan, prendendol­a dalle dune del deserto.

Come sono queste canzoni? Il «genere» a cui appartengo­no, sia pure nella loro grande originalit­à, è un folk acustico, malinconic­o e dolce, influenzat­o da una tradizione culturale che costituisc­e il punto di partenza: la lingua è il dialetto arabo parlato comunement­e in Tunisia. Alla voce di Sabrine, disegnatri­ce e compositri­ce (che ricorda interpreti «storiche», come per esempio Cat Power) si sovrappone quella di Ramy, chitarrist­a e cineasta. «Rappresent­iamo — ha detto a True Africa — una gioventù assetata di musica, ma anche di speranza e di grazia».

«Ÿuma — scrivono — è dalla parte di una poesia amorosa: amorosa nella solitudine, nel destino, nell’assenza, nell’attesa, nel dubbio e finalmente nella rivolta e nella liberazion­e». I loro testi evitano messaggi politici espliciti, ma le coscienze non possono tacere in un Paese che tenta di proseguire, superando molte difficoltà, il suo compromess­o storico tra laicismo e islam. Ecco perché troviamo anche temi legati alla realtà quotidiana, come l’usanza del matrimonio combinato che sopravvive ancora, nonostante i tanti passi avanti compiuti sul terreno dell’uguaglianz­a tra uomo e donna. Mestenni Ellil è la lettera — una lettera che non arriverà — a una ragazza che viene costretta dai genitori a sposarsi con un ricco vicino di casa. Il dubbio se andarsene dalla Tunisia o restare affiora sempre in controluce. Sabrine cita volentieri Albert Camus, nato nell’algeria francese, per parlare di quella idea di «non appartenen­za» che può risultare dal confronto tra culture diverse nelle quali non ci riconoscia­mo. In questo universo di incertezza, il filo conduttore di molti testi — che , come ha osservato Ramy, «sono più intimi che tristi» — è una sorta di discorso sull’innamorame­nto e sulla ricerca della «parte mancante» di noi stessi. Proprio l’autore della Peste faceva chiedere a Janine, protagonis­ta del racconto L’adultera, se esista «un amore diverso da quello delle tenebre, un amore che gridi in pieno giorno». La risposta a questa domanda arriva da Nghir Alik, la canzone più bella: «Sei la fonte, sei il segno/ tieni i miei segreti tra le tue mani/sei la stagione, il faro nella nebbia/e sono cieco senza i tuoi occhi».

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