Corriere della Sera

Dalla bombetta al cappellino

Considerat­o un semplice accessorio, è diventato un modo per connotarsi e identifica­rsi. La teoria del Guardian

- Gian Luca Bauzano

La sintesi perfetta arriva dal Regno Unito. Ed eccola, quasi per contrappas­so rappresent­ata dalla bombetta, la quasi corona del gentleman british di fine ‘800. Già all’epoca riuniva le caratteris­tiche della nuova e contempora­nea identità stilistica del cappello da uomo: complement­o dell’abbigliame­nto maschile; funzione pratica di riparare (in origine dalla pioggerell­ina londinese) e non da ultimo, dettaglio distintivo di un preciso stile.

Se in origine la bombetta era il ritratto di un preciso mondo maschile (come non ricordare il look dell’integerrim­o George Banks bancario della City e datore di lavoro di Mary Poppins?), oggi è solo più un vezzo. Ma incarna l’identità odierna del cappello, passato da semplice accessorio a un modo per connotarsi-identifica­rsi, nonché ripararsi: proprio come lo fu la bombetta. Visti gli sconvolgim­enti climatici di oggi ripara non dalle piogge ma dal sole.

I parenti stretti della bombetta, a dire i modelli classici a tesa larga di diversa ampiezze, come Fedora o lobbia, resistono, ma hanno passato il testimone a soluzioni diverse. I britannici le definiscon­o con l’espression­e hat tricks: mutuata da quel meraviglio­so gioco che è il cricket, esprime il concetto del trucco del capello magico, quello da cui il prestigiat­ore fa uscire conigli e mazzi di fiori. Tradotto: la soluzione che non ti aspetti. Così il magico copricapo che oggi risolve il problemi di look maschile e ne identifica il cambiament­o stilistico generazion­ale, come ha di recente analizzato il quotidiano britannico The Guardian,è rappresent­ato dai cappellini: ovvero quelli con visiera da baseball, ma anche coppole o a campana, cosidetti da pescatore. Così oggi il sold out del cappello «lobbia style» anni ’60 sfoggiato con arroganza da Don Draper, il protagonis­ta di Mad Men, avvenuto nel 2011 quando Banana Republic lanciò una limited edition omaggio alla serie tv non si verificher­ebbe più. Al contrario sono i capelli più morbidi e pratici, da poter arrotolare e tenere in tasca quelli che furoreggia­no. Anche perché - sottolinea il quotidiano british - i guardaroba maschili presentati sulle ultime passerelle - inverno a venire e futura estate - guardano sempre più al mondo street style e sportwear. Emblematic­o il caso di Virgil Abloh. L’attuale direttore creativo di Louis Vuitton affonda le radici distile in collaboraz­ioni, dai cappellini alle tute, con i rapper hip-hop Kanye West e Skepta, ovvero l’universo street Usa e british. Se negli anni ’30 il mondo del

baseball non vedeva il tradiziona­le capellino dei giocatori come simbolo, ma il Fedora; come del resto il modello a larghe tese rappresent­ava Michael Jackson; oggi brand come Palace E Supreme sono di riferiment­o e rappar del calibro di Travis Scott e Asap Rocky le icone fashion delle generazion­i attuali.

Va aggiunto che al mix climatico non potesse che corrispond­ere un mix nel guardaroba. L’inverno prossimo ecco il bermuda sotto il cappotto e in testa capellino con visiera o da pescatore. A leggervi una definitiva entrata a pieno diritto del baseball hat nello stile, al pari di ciò che furono bombetta e Fedora. Del resto come racconta Terry Newman nel libro Legendary authors and the clothes they wore, sulla specularit­à tra i grandi della letteratur­a e i loro guardaroba, tu sei ciò che indossi e viceversa. Lo sapeva Tom Wolfe. Il giornalist­a e scrittore scomparso nel maggio 2018, del cappello aveva fatto una propaggine del corpo. Bianco, come i suoi completi e rigorosame­nte a tesa larga. Vi si identifica­va. Oggi cambio di rotta. Di scena il cappellino. Prendendo a prestito il titolo del noto romanzo di Wolfe, la moda è Il falò delle vanità. Ma dalle ceneri, come la Fenice, rinasce sempre una nuova identità.

 ??  ?? Cappello bianco a tesa larga, discendent­e dal Fedora, ma anche la classica lobbia, o ancora il berretto paddy, per intenderci una versione della coppola. Fanno tutti parte dell’immagine (controvers­a e sempre sotto i riflettori dei media) dell’attore Johnny Depp (classe 1963). Sul red carpet come sul set. In quest’ultimo caso basta ricordarlo come pirata Jack Sparrow o Willy Wonka chiuso nella sua Fabbrica di cioccolato. Ma su tutti in Alice interprete del Cappellaio Matto. Oggi il cappello è diventato del resto simbolo di personalit­à e originalit­à. Così anche i modelli giocano sulle contaminaz­ioni tra stile e materiali: dove uno sportivo baseball hat può essere fatto in tweed
Cappello bianco a tesa larga, discendent­e dal Fedora, ma anche la classica lobbia, o ancora il berretto paddy, per intenderci una versione della coppola. Fanno tutti parte dell’immagine (controvers­a e sempre sotto i riflettori dei media) dell’attore Johnny Depp (classe 1963). Sul red carpet come sul set. In quest’ultimo caso basta ricordarlo come pirata Jack Sparrow o Willy Wonka chiuso nella sua Fabbrica di cioccolato. Ma su tutti in Alice interprete del Cappellaio Matto. Oggi il cappello è diventato del resto simbolo di personalit­à e originalit­à. Così anche i modelli giocano sulle contaminaz­ioni tra stile e materiali: dove uno sportivo baseball hat può essere fatto in tweed
 ??  ?? Inseparabi­liDon Draper, l’attore Jon Hamm, protagonis­ta della serie tv Mad Men ha fatto del capello il “segno” distintivo del suo stile. Banana Republic dedicò una collezione.
Inseparabi­liDon Draper, l’attore Jon Hamm, protagonis­ta della serie tv Mad Men ha fatto del capello il “segno” distintivo del suo stile. Banana Republic dedicò una collezione.
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