Corriere della Sera

L’isola che suona (e che somiglia all’itaca di Ulisse)

Marettimo, pezzo delle Egadi, non muore grazie alla fantasia degli abitanti più tenaci

- Luca Bergamin

Marettimo la si comincia a immaginare dalla sommità di Erice quando con la bocca dal sapore di mandorla viziata dai dolci di Maria Grammatico si vede spuntare l’elmo di Pizzo Falcone.

Lasciando il porto di Trapani musicato dalle note del Luglio Musicale che fuoriescon­o gaie dai ficus magnolia di Villa Margherita, il suo lirismo si avvicina piano piano, sino ad avvolgere quando si attracca in quest’isola a forma di aquilone. È fatta di case bianche, dagli infissi azzurri come alle Cicladi invece che in Sicilia, appartenen­ti ai pescatori certi che questa fosse l’itaca di Ulisse. Forse perché anch’essi l’hanno lasciata un po’ per andare a pescare salmoni in Alaska e a Monterey, seguendo i parenti partiti nel ‘900 a insegnare la pazienza e l’arte della pesca su invito del governo della California. Tornati in patria, hanno aperto ristoranti come Franco Carriglio, chiamato il Pirata, che ha appeso alle pareti le foto in bianconero di quando questo microcosmo di mare blu e montagna verde — una rete sentierist­ica conduce sino alle Case Romane e alla Chiesa Bizantina — era selvaggio, lontano, autosuffic­iente.

Il mare è rimasto così con le formazioni coralline, le grotte a forma di cammello, quelle che rimbombano come bombarde. Solo le barche dei pescatori penetrano l’azzurro mistico dei Barranchi dove le falesie di dolomia sono rosa. Pietro Torrente ci porta i sub con la sua Stella Maris, compresa Patrizia Maiorca, la figlia del grande Enzo, stregata dai canyon dell’orlata San Simone dove le gorgonie sono fittissime e i pesci pappagallo e balestra, arrivati dal Mar Rosso, fanno i giocherell­oni.

Barbara Bongiovann­i ha perso la testa per Marettimo, tanto da lasciare a metà l’attività di agente immobiliar­e a Cervinia, per vivere sei mesi come istruttric­e subacquea in questa isola senza alberghi, senza automobili, ad eccezione del furgoncino ape di Vito Anastasi che stana le signore col megafono fuori dalle case attorno allo Scalo Vecchio e degli asini del fratello Nino.

Già, la famiglia a Marettimo è fondamenta­le, per lavorare durante l’estate e resistere alla solitudine dell’inverno, quando il paese da 800 scende a 150 abitanti. Pippo Incaviglia

Affezionat­i

Molti erano emigrati, ma, tornati qui, hanno aperto ristoranti e si sono inventati attività

non smette mai di tritare le mandorle per le granite mentre la madre Anna Sardina sforna il pane di semola. Anna Bevilacqua cucina squisitame­nte al ristorante il Veliero quel che il fratello Alberto ha pescato all’alba, specialmen­te il tonno rosso: è il simbolo dell’isola, tanto che Giovanni Talafia Maiorana se l’è tatuato sull’avambracci­o sinistro, e lo guarda prima di cuocerlo con inventiva alla Scaletta, scrivendo libricini mignon tra una busiata e l’altra.

Davide e Leonardo Maiorana qui hanno portato 150 api per farle sposare col rosmarino, il loro miele è una premiata rarità, invece Rosario Livolsi continua a pescare come il papà, che lo portava da ragazzo sino alla Tunisia: del resto le luci del faro di Capo Bon e quello di Punta Libeccio, distanti 90 miglia marine, certe sere sono amanti che si sfiorano, ma chissà se la loro relazione continuerà dopo che il Demanio ha venduto proprio il faro simbolo di Marettimo a un imprendito­re bergamasco.

Per fortuna il castello saraceno di Punta Troia non si tocca: mancano però un molo per l’attracco e una barchetta pubblica per portare i visitatori in questa fortezza che pare prendere ogni volta la rincorsa da U Maniuni per raggiunger­e la sommità.

Eppure Giovanni Scaduto e Vittorio Piazza, i guardiani, tutti i giorni i percorrono 4,5 km e mezzo di un sentiero a strapiombo per aprirla e raccontare le storie pepate dei prigionier­i borbonici e quelle della foca monaca che forse è tornata. A volte quassù salgono anche i danzatori di tango, gli amanti dello yoga, e Marco il quale ha chiesto la mano a Roberta su questa terrazza aperta sul Canale di Sicilia, che snocciola tra le sue perle Marettimo, isola dolce, isola lirica.

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Mare A sinistra, vista del borgo di Marettimo e, nella foto accanto, le vie
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Le grotte Marettimo è ricca di grotte come questa (il fotoserviz­io è di Luca Bergamin)

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