A Modica è in arrivo il marchio Igp E intanto scoppia la guerra del cioccolato
Alcuni produttori: «Il disciplinare snatura l’antica ricetta». Il consorzio: «Polemica sterile»
Per rendere «Igp il cioccolato di Modica accettiamo di snaturarlo lasciando che sia prodotto con qualsiasi aroma e ignoriamo Sciascia». Pierpaolo Ruta, patron dell’antica Cioccolateria Bonajuto, la più antica di Sicilia, quella dalla quale, grazie a suo padre Franco, è partito nel ‘92 il rilancio del prodotto — al tempo quasi dimenticato e oggi conosciuto nel mondo —, commenta così il riconoscimento. Ruta spiega anche la preoccupazione, condivisa con altri produttori, per l’assenza al momento di un piano di controlli che consenta di verificare il rispetto del disciplinare di produzione da quando la denominazione Igp sarà ufficiale, a fine settembre. Così, per richiamare attenzione sulla diatriba, Ruta ha iniziato a produrre provocatoriamente delle tavolette senza indicare l’origine, ma con la sola ironica scritta: «Cioccolato di un paese vicino Ragusa».
Tutto è cominciato nel 2017 quando il Consorzio di Tutela cioccolato di Modica — di cui fanno parte 27 delle 46 aziende produttrici, perlopiù dolcerie familiari — ha presentato domanda per ottenere il riconoscimento del marchio Igp al Ministero delle Politiche Agricole e Forestali. Dopo circa un anno e mezzo di trafile burocratiche — scaduto il termine ultimo lo scorso 7 agosto per fare opposizione —, l’ottenimento del marchio è diventato una certezza e la Commissione Ue procederà alla sua registrazione entro il mese venturo. La definizione del disciplinare e la compilazione del dossier di 570 pagine presentati per ottenerla però hanno scatenato accese polemiche. «Quella che è stata approvata sarà la carta d’identità di un prodotto storico, il fatto che permetta di realizzarlo a quasi qualsiasi sapore — dalle spezie agli aromi naturali, passando per frutta e sale, come del resto già avviene — ne snatura il gusto che per secoli è stato solo alla vaniglia o alla cannella», spiega Ruta. «Nulla di male in differenti aromatizzazioni, le realizzo anche io, ma non dovrebbero essere confuse col cioccolato di Modica tradizionale di cui parlava Leonardo Sciascia che, per questo, è stato “dimenticato” nel dossier». Allo scrittore siciliano si deve infatti una delle più lusinghiere descrizioni del prodotto, che definisce di solo due tipi (vaniglia e cannella), da mangiare in tocchi o da sciogliere in tazze, e lo vanta di «inarrivabile sapore», «archetipo» del cioccolato. Quando il siciliano scrisse queste righe erano passati più di due secoli dal momento nel quale i primi cicolateri avevano iniziato ad aggirarsi fra i palazzi barocchi di una Modica ricostruita come un grande palcoscenico di pietra dopo il terremoto del 1693. In quegli anni l’infuso amaro che gli indigeni del Messico ricavavano dai semi della pianta del cacao, portato nel Vecchio Continente dai colonizzatori, aveva iniziato a dif- fondersi in molte parti d’europa, fra cui nella Sicilia spagnola. E a Modica era incominciata la produzione di quello che sarebbe diventato il più famoso cioccolato non concato (cioè non lavorato a caldo facendo sciogliere il burro di cacao) al mondo. Un metodo simile a quello arcaico utilizzato solo da alcune aziende spagnole e sudamericane. La sua unicità è data dalla lavorazione «a freddo», sotto i 40 gradi, per non far sciogliere i cristalli di zucchero (il segreto della lucidità e della granulosità della sua pasta) e far distinguere il dolce dall’amaro mentre si scioglie in bocca.
Alle rimostranze di Ruta replica Nino Scivoletto, direttore del Consorzio del cioccolato di Modica: «Recenti studi hanno mostrato che nei secoli sono state realizzate differenti aromatizzazioni: come quella all’ambra grigia, ossia il vomito di balena cristallizzato, oggi molto costoso e usato solo nella cosmetica e nei profumi. Ruta cita il grande Sciascia — continua Scivoletto —, ma noi adesso siamo nel 2018 e i prodotti si evolvono. Il riferimento preciso a cannella e vaniglia contrastava con un mercato che ormai ci conosce in maniera sfaccettata da tanti anni». E riguardo alle preoccupazioni degli artigiani assicura che non ci saranno disagi. «Quando l’igp sarà ufficiale vi sarà un periodo di deroga, durante il quale potranno essere mantenute le denominazioni già in uso — in attesa dei controlli per le certificazioni —, senza incorrere in sanzioni». E smorza la questione: «Il nostro sarà il primo cioccolato con un riconoscimento europeo, non è il momento di polemiche sterili. Guardiamo oltre. Il prossimo obiettivo sarà far diventare la tecnica per produrlo bene immateriale dell’unesco».