La Cina e la missione di Tria Rischio Btp? L’italia piace ancora
Gli economisti di Pechino: evidenti fragilità e punti d’interesse sulla «Via della Seta»
Il debito pubblico italiano ha bisogno di investitori stranieri e il nostro governo sta sondando Stati Uniti e Cina, le prime due potenze economiche del mondo, sempre più rivali tra loro e al momento divise (tra l’altro) da uno scontro commerciale che settimana dopo settimana si fa più duro e coinvolge l’europa. Di acquisto di titoli di Stato hanno parlato il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e Donald Trump alla Casa Bianca, e da lunedì il tema sarà al centro della missione a Pechino del ministro dell’economia Giovanni Tria.
Una situazione complessa: nel 2019 saranno offerti titoli per 400 miliardi di euro e un terzo dovrebbero andare all’estero; il «quantitative easing» (l’acquisto di bond) da parte della Banca centrale europea è alla fine; in autunno a Roma ci sarà la prova della legge di bilancio, con l’incognita dello spread. Tra maggio e giugno ci sono stati segnali di disimpegno internazionale dai Btp.
Tria ha frequentato con regolarità la Cina dagli Anni 70, per contatti accademici: che atteggiamento può aspettarsi ora che viene da uomo di governo per chiedere fiducia nei titoli di Stato italiani, rafforzamento dei legami commerciali e investimenti strategici? Economisti di Shanghai e Pechino sentiti dal «Corriere» dicono che per investire nel debito italiano bisogna essere certi che ci sia un ritorno e i rischi non siano eccessivi; osservano che il crollo del ponte di Genova ha evidenziato la debolezza delle nostre infrastrutture e che la Cina potrebbe collaborare, con la sua potenza industriale; spiegano che il porto di Trieste interessa ancora come terminale per la «One Belt One Road», la Nuova Via della Seta.
«Per la Cina l’italia rappresenta una grande storia. Come membro del G7, è sempre una potenza economica; ha dimostrato di sapersi riprendere con forza innovativa anche La fiducia
● In autunno a Roma ci sarà la prova della Legge di bilancio, con l’incognita dello spread. Il ministro Tria, in Cina, chiederà fiducia agli investitori esteri sui titoli di Stato italiani dopo il disastro della Seconda Guerra mondiale, ma ora, a differenza della Germania, sembra più il sinonimo di cultura e tradizione, invece che di modernità», dice Shen Dingli, professore di relazioni internazionali alla Fudan di Shanghai.
Ma può convenire alla Cina investire nel debito pubblico italiano? «Non posso escludere che a Pechino decidano di farlo, ma se spettasse a me non lo consiglierei. In Borsa non c’è mai certezza; ora la guerra commerciale con gli Stati Uniti ha ridotto anche la nostra capacità di esportare. Come si fa a investire tanti capitali in altri Paesi con il rischio di brutte sorprese come le abbiamo avute con Malesia, Sri Lanka, Pakistan, Venezuela?» conclude il professor Shen. Non a caso Tria, che resterà in Cina dal 27 all’1 settembre, ha in programma anche una puntata alla Borsa di Shanghai.
È più ottimista sull’acquisto di titoli di Stato italiani Sun Yanhong, ricercatrice dell’accademia delle Scienze sociali (il think tank del governo). «Con l’uscita ufficiale della Grecia dal piano di salvataggio e la rimessa in agenda del programma sulle riforme nell’unione europea sono diminuiti notevolmente i rischi di investire sul debito pubblico sovrano di Paesi come l’italia. Però un investimento prevede un interesse economico, quindi occorre valutare sulle situazioni concrete, sui ritorni, costi e opportunità».
I rinnovi
Nel 2019 saranno offerti titoli pubblici e Btp per un ammontare di 400 miliardi di euro
Presenza
Il Mef vuol dare il senso di una continuità dell’impegno italiano in Cina
In primavera il «Global Times», influente giornale governativo affiliato al «Quotidiano del Popolo» non è stato tenero con il sistema politico italiano, citando il nostro «caos» partitico come esempio del fallimento del modello occidentale; questa estate l’agenzia ufficiale «Xinhua» si è dedicata ai fastidiosi «centurioni» che infestano i luoghi storici di Roma, al turismo che non si sviluppa come dovrebbe e al nostro calo demografico.
Il ministero dell’economia vuole dare il senso di una continuità nell’impegno italiano in Cina e ieri ha precisato che la missione di Tria fa seguito a quella del presidente Sergio Mattarella nel 2017, che fu un successo. E segnala anche una volontà di tenere aperto il canale: a fine agosto arriva a Pechino il sottosegretario allo Sviluppo economico Michele Geraci, fluente in mandarino, un altro ottimo conoscitore della Cina dove ha insegnato per anni all’università di Shanghai.