Marchionne sepolto a Vaughan in Canada accanto ai genitori
Addio a Rabolini, l’anti gioielliere dei ciondoli pazzi
Quando Pierre Cardin lanciò il prêtà-porter nel 1966, Pino Rabolini si domandò perché non fosse possibile fare la stessa cosa nei gioielli. Seguiva la moda, vedeva il costume che cambiava. Si mise all’opera, fondando (1967) Pomellato, uno dei più importanti nomi della gioielleria. «Siamo partiti dalla catena, che abbiamo sviluppato in tutti i modi possibili —ha raccontato in una delle rarissime interviste—. Poi siamo passati a ciondoli pazzi: il re e l’orso, completamente snodati. L’ antitesi perfetta al gioiello importante, che si acquista per certificare ricchezza, potere, solidità sociale. Il fatto sorprendente è che sono piaciuti e l’ azienda ha cominciato a crescere». Nipote di un orafo di Gallarate (provincia di Varese) e figlio di un commerciante di oreficeria, Rabolini è scomparso ieri all’età di 82 anni dopo aver assicurato da tempo il futuro dell’azienda: dopo aver inutilmente cercato un accordo con nomi italiani, nel 2013 aveva ceduto Pomellato al gruppo francese Kering della famiglia Pinault (per una valutazione, si disse, attorno ai 350 milioni di euro). Non aveva continuità in famiglia, essendo il figlio Alessandro pittore e non interessato a succedergli. Uomo di grande cultura e visione, Rabolini era comunque convinto che le aziende non fossero proprietà privata di chi le aveva fondate e già nel 1994 aveva separato il suo ruolo di azionista da quello di gestione, affidando Pomellato ai manager (prima Francesco Minoli, poi Andrea Morante). Ceduta l’azienda Rabolini si era dedicato alla sua passione, l’arte, insieme al figlio, raccogliendo disegni di artisti italiani del Novecento. Non dimentico, però, dell’antica passione per la moda e il design aveva anche iniziato a reinvestire, insieme a Morante, parte di quanto incassato da Kering in partecipazioni e società del «made in Italy». ● Sergio Marchionne, nato a Chieti nel giugno del 1952 è morto a Zurigo un mese fa, il 25 luglio scorso. Era amministratore delegato di Fiat Chrysler
Essere sepolto accanto ai genitori e alla sorella, in Canada, la patria di elezione della famiglia. È stata questa l’ultima volontà di Sergio Marchionne, l’ex amministratore delegato di Fca, morto a Zurigo un mese fa, il 25 luglio. Finora la destinazione delle spoglie del manager non era stata resa nota. Ieri la conferma che la tomba si trova a Vaughan, città di trecentomila abitanti, trenta chilometri a nord di Toronto. Nel cimitero cittadino riposano il padre Concezio e la madre Maria Zuccon, oltreché la sorella Luciana. A Vaughan, Marchionne ha passato l’adolescenza prima di iniziare la sua lunga carriera da dirigente aziendale. Per volontà della famiglia non sono stati celebrati funerali pubblici, ma solo una cerimonia strettamente privata.
Il piccolo centro dell’ontario ospita una nutrita comunità italoamericana, di cui fa parte lo stesso sindaco, l’ex deputato liberale alla Camera dei Comuni di Ottawa, Maurizio Bevilacqua. Il legame con l’italia è forte: in occasione del terremoto che ha colpito l’italia centrale l’anno scorso, Vaughan ha lanciato una raccolta fondi per sostenere la ricostruzione.
Tra i cittadini, a ricordare il manager di Fca c’è il proprietario di concessionarie Remo Ferri, che oggi definisce Marchionne «persona molto affezionata alle sue origini». Nella zona hanno vissuto altri imprenditori con radici nel Belpaese, tra cui Frank D’angelo, produttore di bevande gassate, e Gaetano Gagliano, magnate fondatore della Saint Joseph Communications, una società che opera nel campo dei mass media e che controlla anche la televisione Salt+ Light, d’ispirazione cattolica.
A Toronto è nato anche Dan Iannuzzi, ideatore nel 1954 di uno dei maggiori quotidiani italiani in Nord America, il «Corriere Canadese».