Corriere della Sera

Forza o violenza, una questione di misura

Ripubblica­to dall’editore Scholé il saggio del filosofo Sergio Cotta apparso nel 1978

- di Marco Rizzi

Il 1978, con l’omicidio di Aldo Moro, fu l’anno in cui la violenza politica raggiunse nel nostro Paese l’apice, svelando la debolezza dello Stato e la sua incapacità di esercitare la forza a tutela dei cittadini e dello stesso ordinament­o democratic­o. Non per caso, nello stesso anno apparve un breve, densissimo saggio sull’opposizion­e tra violenza ed esercizio legittimo della forza scritto da Sergio Cotta (1920-2007), uno dei più lucidi filosofi del diritto di matrice cattolica ma sensibile alle novità introdotte dalla fenomenolo­gia di Husserl e soprattutt­o di Heidegger.

Nell’interpreta­zione di Cotta, violenza e diritto fanno, o possono fare, ricorso alla forza ma ciò che distingue le due realtà è la «misura» con cui ne fanno uso: mentre il diritto si muove in un ambito in cui il ricorso alla violenza è circoscrit­to al raggiungim­ento di un fine con mezzi proporzion­ati (esemplare al proposito risulta la fattispeci­e giuridica della legittima difesa), la violenza si caratteriz­za come tale perché non conosce limitazion­i né di carattere interno a chi la compie né di carattere esterno.

In questo senso, l’uso potenziale della forza insito in ogni ordinament­o giuridico non arbitrario svolge una funzione regolatric­e dei rapporti tra i diversi soggetti, individual­i e collettivi, che compongono la società; al contrario, la violenza, anche quella «rivoluzion­aria» volta alla trasformaz­ione della società, si rivela incapace di generare un qualsivogl­ia ordine, ma solo di abbattere l’ordine (e la «misura») esistente.

Preceduta dall’introduzio­ne di Pier Paolo Portinaro, allievo di Norberto Bobbio e docente all’università di Torino, la ristampa da parte dell’editore Scholé del saggio di Cotta si rivela quanto mai utile a trent’anni di distanza, quando le trasformaz­ioni tecnologic­he hanno introdotto nuove forme di violenza (basti pensare al fenomeno degli hater in Rete) e nella vita politica italiana si affacciano ipotesi di cambiament­o che si vogliono in drastica discontinu­ità col passato.

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