E «Adina» di Rossini riappare nel magico mondo di Alice
La «sua» Adina, immaginata «come un’alice nel paese delle meraviglie» e realizzata «come un’immensa torta nuziale, luogo misterioso in cui si muovo i personaggi», è stato lo spettacolo più apprezzato del Rossini Opera Festival.
E per lei è stata «la chiusura di un cerchio. Adina, allestita a 200 anni dalla prima assoluta, ha rappresentato il vero debutto nella mia città, cui sono legata da amicizie e storie irripetibili altrove. Al Rof avevo già firmato nel 2005 l’arrighetto di Coccia, un contemporaneo di Rossini, ma con Adina si entra dentro al teatro del mio illustre concittadino». Per Rosetta Cucchi il cerchio si chiude dopo la Fenice e Wexford (dove conduce uno dei festival operistici più ricercati del mondo), dopo gli Elisir d’amore allestiti a Bologna e al Maggio Musicale Fiorentino e prima del Barbiere di Siviglia con cui aprirà la prossima stagione dell’opera di Boston, per tacer dei 13 anni da direttore artistico della Filarmonica Toscanini.
L’artista pesarese è la regista d’opera più quotata a livello internazionale: ci sono colleghe che dalla prosa o dal cinema si sono dedicate al melodramma, ma nessuna è nata musicista come lei. «Ho studiato pianoforte, nel 1990 divenni pianista dell’orchestra Rai di Roma; nel 95 col Candide di Bernstein il primo contatto con l’opera: mi si aprì un mondo; divenni pianista accompagnatore, nello stesso anno preparai il Guglielmo Tell al Rof e nel 98 fui chiamata alla Scala. La mia prima regia fu una Scala di seta in Irlanda ripresa a Siviglia nel 99. Non fu facile essere accettata come regista sia perché ero donna sia perché fino a poco prima ero “solo” pianista. Ma studiai tanto e convinsi anche gli scettici».
A Wexford ha riscoperto titoli come Bravo di Mercadante, Cristina Regina di Svezia di Foroni e Resurrezione di Alfano, ma di lui si conosce solo il completamento di Turandot, che non è tra i suoi lavori migliori».
A Boston aveva già aperto la stagione 2015-16 con una Bohème premiata dalla critica americana, ora l’attende un Barbiere «percorso dalle scale di Escher, che si perdono all’infinito: per me Rossini, sotto il riso e la follia, ha una grande inquietudine: perché smettere a 30 anni di scrivere opere e per altri 30 dedicarsi a tutt’altra musica? Amo la sua umanità misteriosa e sfaccettata».