I pianoforti intelligenti di Arnalds: suonano da soli e improvvisano Come in una normale jam session
Pianoforti che suonano da soli si vedono fin dai primi del Novecento, ma il compositore islandese Ólafur Arnalds è andato oltre. Grazie all’intelligenza artificiale, il musicista classe 1986 riesce a far improvvisare i propri strumenti in modo indipendente.
Una volta impostati valori come il ritmo e il tempo, ecco crearsi la «magia». Due pianoforti autoprodotti dall’islandese «ascoltano» ciò che viene suonato dal musicista, analizzano le note e tutti i valori che caratterizzano il suono per poi improvvisare in tempo reale e in totale autonomia, proprio come se fossero guidati da pianisti umani. Non finisce però qui perché, come confessa Arnalds stesso, anche lui viene influenzato dai due pianoforti.
Insomma, l’idea è che si crei un circolo virtuoso che unisca tecnologia, musica e creatività, una vera e propria jam session in cui umani e robot collaborino creando dell’arte.
Il merito, oltre che della creatività del compositore è della potenza di Stratus, il programma informatico che Ólafur Arnalds: nel suo ultimo album «Re: member», il compositore suona insieme a due pianoforti robot che improvvisano in autonomia
ha dotato i due strumenti di una loro intelligenza. E il risultato finale è stupefacente.
Per averne una prova non c’è niente di meglio che ascoltare «Re: member», l’ultimo album di Arnalds uscito ieri.
Disco malinconico e dalle tinte molto nordiche, è una miscela di molti elementi, con vari ensemble di archi, ritmi veloci e lenti, vocalizzi umani vivaci e calmi. In particolare è la traccia che dà il titolo all'album a offrire la miglior prova di questi pianoforti «autosuonanti».
A differenza di molti altri musicisti che sperimentano con la tecnologia infatti non c’è nulla di pesantemente elettronico in Arnalds. Nonostante la tecnica innovativa, siamo lontani dagli esperimenti di John Cage, dalla deframmentazione sonora di Aphex Twin o dai gorgheggi elettronici dei Daft Punk. In «Re: member» tutto scorre liscio come in un album di classica ed è la malinconia, più che la tecnologia, a farla da padrone.
@alessiolana