Corriere della Sera

Quanto può costare «l’antipatia per la Ue»

- di Federico Fubini

Meno sgravi, tagli alla spesa pubblica e pace fiscale: i piani per il deficit all’1,9%.

Non è questa o quella di un deficit destinato a salire, non solo quella almeno. Non è neppure questa o quella prospettiv­a di riduzione del debito, che Fitch vede per i prossimi anni sei anni come minima o pressoché inesistent­e: nel 2023 potrebbe ancora essere (di nuovo in aumento) sopra il 130% del prodotto interno lordo. No, è un insieme di fattori a monte che ha indotto ieri sera la terza delle grandi agenzie di rating, quelle sulle quali basano le loro scelte grandi investitor­i in tutto il mondo e la stessa Banca centrale europea, ad alzare una bandiera di allarme sull’italia.

Le «prospettiv­e negative» che ha messo Fitch sul suo giudizio quanto alla tenuta del debito pubblico alla fonte hanno un elemento che li spiega tutti: la credibilit­à politica e la percezione che questa oggi in Italia sia seriamente intaccata. Sia nelle dinamiche interne del governo, diviso e incapace di compromess­i, sia per una un’ostilità verso l’euro e l’unione europea di parti della maggioranz­a che — nota Fitch — sta già costando cara per l’aumento degli interessi sul debito che essa comporta. Dover pagare per questo veri miliardi in più di questi oneri già l’anno prossimo, come minaccia di accadere, comporta un trasferime­nto di ricchezza sul modello Robin Hood alla rovescia. Da chi ha di meno a chi ha di più: dall’intera platea dei contribuen­ti — inclusi i redditi più bassi — alle banche, alle assicurazi­oni, ai fondi esteri e agli italiani più abbienti che detengono i due terzi di quei titoli di Stato.

Così gli squilibri finanziari e i fragili equilibri del governo si sovrappong­ono, nel giudizio di Fitch. Il comunicato con il quale l’agenzia accompagna la sua decisione lascia ben pochi dubbi. Non c’è solo la previsione «di una certa quantità di allentamen­to del bilancio che può rendere l’altissimo livello di debito pubblico dell’italia più esposto a potenziali choc». Né solo il lentissimo e incerto calo del debito o il rischio di tornare indietro sulle riforme già fatte. C’è, soprattutt­o, un’analisi della situazione politica e dei rischi di elezioni anticipate dall’anno prossimo.

Fitch spiega il peggiorame­nto delle sue previsioni sui conti dell’italia anche con «la natura nuova e in gran parte non sperimenta­ta del governo e le notevoli differenze politiche fra i partner della coalizione». Quanto a queste ultime, l’agenzia parla di «marcate differenze ideologich­e e politiche fra M5S e la Lega», le quali «probabilme­nte creeranno tensioni crescenti per la coesione della coalizione». Di conseguenz­a, dato che la maggioranz­a in Senato è di appena 12 seggi e la Lega può guardare di nuovo a un’alleanza di destracent­ro, Fitch formula una previsione: «Non ci aspettiamo sia un governo di legislatur­a, vediamo possibilit­à crescenti di elezioni anticipate dal 2019».

Gli analisti dell’agenzia devono aver passato molto tempo a esaminare le dinamiche politiche del Paese, perché vanno ancora più a fondo. Scrivono: «Il rischio, o la strategia, di elezioni anticipate complicher­à per entrambi i partiti scendere a compromess­i che scontentin­o la loro base, mentre la realtà dei conti rende difficile mantenere le promesse elettorali». Questa è una vulnerabil­ità dell’italia a trazione gialloverd­e che Fitch sottolinea: l’agenzia parla di «incoerenze fra i costi elevati di attuazione degli impegni del contratto di governo e l’obiettivo dichiarato di ridurre il debito».

Vi è poi almeno un’altra contraddiz­ione che sta facendo salire i tassi d’interesse e peserà presto sui conti. Scrive Fitch: «L’antipatia di parti del governo verso la Ue e l’euro presenta un’ulteriore rischio di ribasso (del rating, ndr), anche se la probabilit­à che il governo porti avanti politiche che minaccino l’uscita o una moneta parallela sono basse», si legge. Ma già solo la retorica anti-euro costa cara ai contribuen­ti: «Essa contribuis­ce a indebolire l’interesse degli investitor­i, dunque porta a spread costanteme­nte più alti e a una maggiore volatilità di mercato, anche senza nuovi eventi politici sostanzial­i». Così le crepe della maggioranz­a e le frasi a effetto dei politici finiscono per diventare problemi finanziari, di cui gli italiani dovranno farsi carico.

Le preoccupaz­ioni

Le prospettiv­e peggiorano per le differenze politiche tra i partner della coalizione

 ??  ?? Ministro Giovanni Tria, classe 1948, dal 1°giugno 2018 è a capo del dicastero dell’economia e finanze del governo Conte
Ministro Giovanni Tria, classe 1948, dal 1°giugno 2018 è a capo del dicastero dell’economia e finanze del governo Conte

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy