«Investito più lì che sul resto della rete»
In un documento di 20 pagine la difesa di Autostrade: dal ministero nessuna contestazione specifica
MILANO Un documento di venti pagine condito da diversi allegati. Redatto con la collaborazione di una nutrita squadra di ingegneri di Autostrade, della sua controllata alle manutenzioni Spea Engineering e da uno stuolo di avvocati interni ed esterni alla società. Il punto di partenza è un elemento che aggiunge ulteriore complessità alla vicenda: nella lettera con cui il ministero dei Trasporti ha avviato due settimane fa la procedura di revoca della concessione ad Autostrade per l’italia non ci sono contestazioni specifiche. Nel testo firmato dal capo della Vigilanza sulle concessionarie autostradali del ministero, Vincenzo Cinelli, si decide la «caducazione» (la revoca della concessione) partendo dal fatto in sé: il crollo del viadotto sulla A10.
Ecco perché nelle controdeduzioni — che i vertici di Autostrade hanno presentato ieri al consiglio di amministrazione e poi al board della capogruppo Atlantia per una formale approvazione prima di inoltrarle al ministero dei Trasporti — c’è la ricostruzione degli investimenti fatti sul ponte Morandi. Per la manutenzione del viadotto, per gli interventi di rinforzo dell’infrastruttura che presentava oggettivi elementi di debolezza. I consiglieri (e con loro i due collegi sindacali di Autostrade e Atlantia) hanno preso atto del lavoro dei tecnici. Concludendone di aver adempiuto a tutti «gli obblighi concessori» secondo quanto recita la Convenzione firmata nel 2007. In particolare, rilevano diverse fonti, nel documento che presumibilmente entro oggi verrà spedito al ministero guidato da Danilo Toninelli, c’è l’ammontare degli investimenti fatti sul viadotto, del 20% più alti di quelli effettuati sull’intera rete autostradale in gestione.
Ma è chiaro che gli interrogativi restano molti. Soprattutto sul presunto carattere d’urgenza per il rinforzo dei tiranti 9 e 10 certificato dalla stessa Autostrade a febbraio e alla base del progetto di manutenzione non ricorrente con cui la società chiedeva al ministero dei Trasporti di avere il via libera per un bando di gara piuttosto corposo, di circa 20 milioni di euro. La risposta del ministero, ed è uno dei punti dirimenti, sarebbe arrivata solo a giugno, con circa un mese di ritardo rispetto alla scadenza dei 90 giorni disciplinata dalla convenzione. In più, rilevano fonti vicine al dossier, il ponte Morandi proprio per le sue peculiarità non consentiva alcun tipo di raffronto con strutture analoghe sulla rete gestita da Autostrade. La società sostiene di aver fatto tutto quanto era in suo potere, sottostimando evidentemente la situazione di debolezza del viadotto. Non contemplando l’ipotesi della chiusura di quel tratto che avrebbe dovuto avere l’ok del Provveditorato per le opere pubbliche di Genova. Tanto meno si è pensato di «spacchettare» il bando per la manutenzione. Presentando un importo molto alto, aveva un iter di approvazione più complesso.
I tempi
Secondo la società la risposta del governo sui lavori per 20 milioni è arrivata in ritardo