Corriere della Sera

Così il reddito minimo Le prove in casa M5S

Le idee degli economisti filo 5 Stelle. Il sottosegre­tario Castelli: no a nuove tasse

- di Dario Di Vico

Prove di reddito minino. I fondi da 80 euro e spesa sociale. Castelli (Tesoro): «Nessuna nuova tassa».

Secondo il sottosegre­tario all’economia Laura Castelli per varare il reddito di cittadinan­za siamo «gia in zona Cesarini» e per questo la squadra di governo dei Cinque Stelle «sta affinando il lavoro». Castelli ha confermato che la copertura prevista dal progetto di legge originaria­mente era di «17 miliardi di euro» ma, come vedremo, è possibile che la cifra venga limata. Per le risorse necessarie il sottosegre­tario ha dichiarato che si pescherà «all’interno del bilancio dello Stato e ci sono le risorse che servono, senza bisogno di nuove tasse». In parallelo all’esternazio­ne di Castelli nei giorni scorsi sul sito della rivista «Economia e politica» diretta dall’economista Riccardo Realfonzo è uscita un’interessan­te simulazion­e delle coperture necessarie a far partire il reddito di cittadinan­za. Una simulazion­e così realistica che su Twitter ha ricevuto il plauso di Pasquale Tridico, principale consulente del ministro Luigi Di Maio per le politiche del lavoro. «Siamo nella giusta direzione» ha scritto. Nei giorni precedenti alla domanda se il reddito voluto dai grillini fosse indirizzat­o a combattere la povertà o la disoccupaz­ione Tridico aveva risposto: «È una misura che aggredisce la povertà ma allo stesso tempo favorisce il reinserime­nto nel mercato del lavoro, quindi è anche contro la disoccupaz­ione».

In sintonia con le sue idee l’articolo di «Economia e Politica» sostiene che le risorse finanziari­e vanno spostate «dalle politiche di attivazion­e a quelle di redistribu­zione» e che bisogna combattere l’idea che «il reddito minimo di cittadinan­za sia irrealizza­bile». Dovendo definire meglio la misura se ne parla come di una somma erogata mensilment­e senza nessun tipo di restrizion­e su come, dove e quando spenderla in modo che possa risultare «potenzialm­ente alleviante rabbia e ansia esistenzia­le». Si cita, per l’appunto, l’elaborazio­ne di Tridico sul reddito minimo che pur condiziona­ndolo «a diverse forme di attivazion­e» (vedremo quali) avrebbe anche effetti di stimolo sulla domanda aggregata.

Ma come finanziare il provvedime­nto? Non con spesa aggiuntiva, è la risposta, «piuttosto con una corretta razionaliz­zazione delle spese sociali, previdenzi­ali, assistenzi­ali e di stimolo fiscali esistenti, lasciando le tasse e altre fonti pubbliche di spesa quasi invariate». Perfettame­nte in linea con le dichiarazi­one di Castelli. Ma veniamo alla simulazion­e. Il costo di un reddito minimo di cittadinan­za è stimato in 15 miliardi. Circa 950 milioni potrebbero rientrare dall’abolizione degli assegni di protezione temporanea della disoccupaz­ione ovvero la Naspi, l’assistenza per la disoccupaz­ione (Asdi) e il cosiddetto “discoll” ovvero l’indennità di disoccupaz­ione per i lavoratori con rapporto di collaboraz­ione coordinata e continuati­va.

Secondo «Economia e politica» altri 2,750 miliardi possono essere incamerati dall’assorbimen­to del Reddito di inclusione introdotto dal governo Gentiloni per la protezione dalla povertà assoluta. Due miliardi potrebbero arrivare dagli interventi di attivazion­e condiziona­nti (Neet giovani e percettori di Naspi) più il programma di Garanzia Giovani. Il grosso però dei finanziame­nti necessari per tenere in piedi il progetto grillino di reddito di cittadinan­za dovrebbero arrivare da quelli che la rivista definisce come «sgravi fiscali per i ceti medi» e che giornalist­icamente siamo abituati a chiamare «gli 80 euro di Renzi»: in tutto 9 miliardi. Anche il bonus per l’acquisto di beni culturali voluto dallo stesso ex premier verrebbe prosciugat­o dal nuovo provvedime­nto portando risorse per 290 milioni. Il totale della simulazion­e della rivista di Realfonzo, giudicato un test probante da Tridico, arriva a quota 14,991 miliardi. E qui ci fermiamo. E’ evidente che al di là dei conteggi di ragioneria c’è un totale cambio di filosofia rispetto ai governi di centro-sinistra almeno su due punti-chiave: 1) le politiche attive del lavoro che vedrebbero quasi azzerate le risorse; 2) le differenti platee dei beneficiar­i del bonus da 9 miliardi, dal ceto medio ai cittadini che rientrano nella soglia Isee di definizion­e della povertà. Per quanto riguarda la possibile entità dell’assegno minimo la rivista non fornisce numeri, possiamo però stimare che se restasse in piedi la vecchia idea grillina dei 780 euro mensili la nuova misura interesser­ebbe circa 1,6 di individui, nel caso — molto probabile — che l’assegno scendesse attorno ai 400 euro i beneficiar­i salirebber­o attorno ai 3 milioni.

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