Tajani: no al partito unico In piazza con gli industriali
Il vicepresidente di FI: «Il governo fa lo sceriffo di Nottingham»
«S e si costringesse un pezzo del tessuto produttivo del Paese addirittura a scendere in piazza, io in quella piazza ci starei. Con gli imprenditori e con i loro operai»: così il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani, al Corriere.
ROMA «Guardi, io non è che mi metto qua a fare il classico esponente disfattista dell’opposizione. Noi abbiamo ricette per la crescita e le vogliamo mettere a disposizione del governo e del Paese. Come Italia siamo nei guai fino al collo, i mercati hanno paura, gli investitori scappano. Se la maggioranza lasciasse perdere la politica economica che sta portando avanti, troverebbe Forza Italia pronta a dare una mano. Ma se continuano su questa strada, trascurando il lavoro e le imprese, promettendo cose che sfascerebbero i conti pubblici…».
Che cosa fareste?
«Se la maggioranza facesse Robin Hood, allora staremmo tutti tranquilli. Qua ho l’impressione che, al contrario, al governo si siano messi a fare lo sceriffo di Nottingham. Ho sentito alcuni imprenditori che sono talmente disperati da minacciare una serrata. Se si costringesse un pezzo del tessuto produttivo del Paese addirittura a scendere in piazza, io in quella piazza ci starei. Con gli imprenditori e con i loro operai».
Antonio Tajani ripete in continuazione che «non ce l’ho con Salvini, con Giorgetti, con la Lega», che «non stiamo qui a fare l’opposizione disfattista», che «Forza Italia vorrebbe, in vista del grande dibattito sulla legge di Stabilità, avere un atteggiamento costruttivo». Ma lancia, «da presidente del Parlamento europeo, da esponente politico e da cittadino», più di un allarme rispetto a quello che vede dal suo osservatorio di Bruxelles «e non solo».
Nella maggioranza sostengono che un pezzo di Europa ce l’ha col «governo del cambiamento».
«L’europa non c’entra un bel niente. Sono i mercati a essere spaventati. Il governo non ha una politica industriale, non si sa se l’ilva chiude oppure no, se la Tav si fa oppure no, non c’è alcun sostegno alle piccole e medie imprese. Sui Btp a dieci anni paghiamo il 3,25 percento, nel momento in cui il Portogallo paga l’1,8 e la Spagna l’1,4. E poi c’è lo spread. Voglio fargli uno sconto, ragioniamo pure che si fermi a 250: a fine anno, rispetto a quanto stava prima del voto, avremmo pagato qualcosa come quattro miliardi di interessi in più. Soldi che escono fuori dalle tasche dei cittadini».
Teme una tempesta tipo quella del 2011?
«Macché, qua è molto peggio. Nel 2011 c’era una manovra volta a sostituire Berlusconi a Palazzo Chigi. Qua invece non c’è nessuna manovra in corso. Semplicemente, i mercati che non credono più nel nostro Paese. I segnali d’allarme sono molto preoccupanti. D’altronde, come possono reagire gli investitori se uno gli dice che realizza, in blocco, flat tax, reddito di cittadinanza e legge Fornero e resta fermo su tutto il resto?».
M5S e Lega hanno in mente un intervento sulle pensioni.
«Mi scusi, davvero possiamo pensare di tagliare una pensione di trentamila euro l’anno a uno che ha lavorato tutta la vita, che magari ha un mutuo da pagare e a cui nessuno aveva detto di mettersi da parte i soldi per una pensione integrativa? Prenda un colonnello dei carabinieri o della Guardia di Finanza, che ha combattuto per una vita intera coi criminali, che ha costretto la sua famiglia a continui sacrifici tipo i trasferimenti… Io ci sono passato: col trasferimento a Bologna di mio padre, militare, mia mamma lasciò il lavoro e io mi ritrovai da un giorno all’altro in un’altra città, con la maestra che mi mise in quello che chiamavano “banco dei terroni” con un ragazzo di Palermo. A questi vogliamo tagliare la pensione? Mica stiamo parlando del megadirettore galattico di Fantozzi, questa è gente che ‘sto benedetto Paese l’ha aiutato a crescere».
Cosa proponete?
I mercati L’europa non c’entra, i mercati sono spaventati Dall’ Ilva alla Tav, il governo non ha una politica industriale
Le Regionali
Se noi e Salvini vogliamo vincere allora dobbiamo andare uniti sempre, a cominciare dalle prossime Regionali
«Innanzitutto di togliere di mezzo il reddito di cittadinanza, che deprime le coscienze invece che incentivare l’impegno. Ho un figlio neolaureato, mai e poi mai gli metterei in tasca 800 euro al mese. Dobbiamo aiutare chi ha bisogno? Bene, che si alzino le pensioni minime o, se proprio non si può, che su queste si dimezzi la pressione fiscale».
Il ministro Tria ostenta tranquillità.
«Tria è una persona seria. Ma per raggiungere la tranquillità bisogna prima imboccare una strada diversa da quella che la maggioranza ha imboccato».
A proposito di strade. La Lega punta a un partito unico del centrodestra a trazione leghista. Pare un’opa ostile su di voi.
«Io non voglio polemizzare con quelli che ritengo nostri alleati. Dico che la coalizione di centrodestra vince solo se può esprimere le propria pluralità. Partito unico? Condivido quello che diceva Totò: è la somma che fa il totale».
L’alleanza è a rischio?
«In politica vale quello che diceva Boniperti da presidente della Juve: vincere non è importante, è la sola cosa che conti. Se vogliamo vincere, allora dobbiamo andare uniti sempre, a cominciare dalle prossime regionali. Divisi si perde».
Vale anche la Rai?
«Abbiamo problemi ben più gravi di chi farà il presidente della Rai. Su quello, la legge dice che bisogna trovare un accordo tra maggioranza e opposizione. Senza di quello, difficile che un presidente venga eletto».