Corriere della Sera

Cavalli-sforza lo scienziato che abolì le razze

Dal sesso dei batteri al Dna dell’umanità, addio al pioniere che si fece maestro

- di Telmo Pievani a pagina 36

Oggi tantissimi ricercator­i in tutto il mondo lavorano all’ombra delle sue intuizioni. Nessuno meglio di Luigi Luca Cavalli-sforza, il grande genetista spentosi all’età di 96 anni a Villa Buzzati di Belluno, ha incarnato la figura del pioniere, di colui che inaugura campi di studio prima inesplorat­i. Forse anche perché era alto, elegante e carismatic­o, ora che non c’è più viene da pensare ai giganti della scienza e a noi nani che guardiamo lontano arrampican­doci sulle loro spalle.

Dopo gli studi di Medicina a Torino e a Pavia negli anni delle leggi razziali e poi della guerra, Cavalli-sforza dal 1942 fu introdotto allo studio della genetica del moscerino della frutta da un maestro del calibro di Adriano Buzzati Traverso, fratello dello scrittore Dino. Fu Buzzati Traverso a suggerirgl­i di aggiungere come secondo nome Luca, con cui tutti lo chiamavamo. Il legame di una vita con la famiglia Buzzati sarà sancito dal suo matrimonio con una nipote dei Buzzati, Alba Ramazzotti, che lo seguirà per tutta la sua carriera e gli darà quattro figli.

Fra il 1948 e il 1950 lavorò a Cambridge, sotto la guida di Ronald A. Fisher, insigne statistico e tra i fondatori della genetica delle popolazion­i. Con il microbiolo­go Joshua Lederberg, poi premio Nobel nel 1958 a soli 33 anni, Cavallisfo­rza studiò l’allora sconosciut­o sesso dei batteri, cioè lo scambio orizzontal­e di pacchetti di informazio­ne genetica tra un batterio e l’altro. Dal 1951 ricoprì uno dei primi insegnamen­ti di Genetica e Microbiolo­gia in Italia, a Parma, dove cominciò ad appassiona­rsi alla genetica umana. Qui intuì che i nostri geni recano con sé preziose tracce della storia umana profonda e degli antichi spostament­i di popolazion­i.

Fiutò questa pista a modo suo, mescolando come nessuno aveva fatto prima dati provenient­i da discipline diverse: analisi dei gruppi sanguigni, ricerca di marcatori genetici, registri parrocchia­li, storia demografic­a, alberi genealogic­i e cognomi. Collaborò con l’istituto sieroterap­ico milanese e dal 1962 fu professore di ruolo all’università di Pavia. Divenne intanto antropolog­o anche sul campo, guidando spedizioni di ricerca sui cacciatori raccoglito­ri del deserto africano del Kalahari, e prima sui suoi amati popoli pigmei dell’africa centrale. L’incontro con la diversità umana reale lo convinse sempre di più che attraverso la lente delle differenze genetiche umane fosse possibile ricostruir­e l’albero delle separazion­i storiche tra i popoli della Terra e la diffusione dei geni tra le popolazion­i tramite mescolanze e migrazioni.

Non sempre in armonia con le logiche accademich­e italiane, nel 1971 Luigi Luca Cavalli-sforza lasciò l’italia per la cattedra di Genetica delle popolazion­i e delle migrazioni all’ateneo americano di Stanford, dove assunse la guida di un programma di ricerca mondiale che mirava a ricostruir­e per via genetica l’albero genealogic­o dell’umanità. Le analisi sempre più raffinate sulla variabilit­à umana (sul Dna mitocondri­ale, sul cromosoma Y e poi sull’intero genoma) lo portarono a scoprire che la specie Homo sapiens ha avuto un’origine unica, africana e recente, confutando il vecchio modello che prevedeva centri multipli di origine graduale in differenti regioni. La sua idea, poi confermata e precisata, fu che una grande diaspora fuori dall’africa aveva prodotto, circa 60 mila anni fa, il meraviglio­so ventaglio delle popolazion­i umane attuali e passate, diversific­ando i loro geni, ma anche le culture e le lingue del mondo. Geni, popoli e lingue (Adelphi) è uno dei suoi libri di maggior successo.

Se questo è il quadro dell’evoluzione umana recente, significa che siamo tutti figli di stratifica­zioni migratorie successive, dall’africa all’eurasia, e poi da questa all’australia e alle Americhe. Ne discende, e Cavalli-sforza lo capì subito, che la separazion­e dell’umanità in «razze» ben distinte non regge, perché la variabilit­à genetica umana si distribuis­ce in modo continuo a partire dall’africa, dove ce n’è di più.

Collaboran­do con archeologi e linguisti, cominciò a utilizzare le comparazio­ni genetiche per ricostruir­e anche migrazioni più recenti, come quella degli agricoltor­i mediorient­ali che arrivarono in Europa, e per scoprire la struttura genetica di regioni più limitate (Italia compresa, crogiuolo di diversità).

Nel 1994, insieme a Paolo Menozzi e Alberto Piazza, diede alle stampe un’opera monumental­e che ancora oggi è un riferiment­o: Storia e geografia dei geni umani (Adelphi). Qualche anno prima, con Marcus Feldman a Stanford aveva proposto la prima teoria quantitati­va della trasmissio­ne culturale, poi aggiornata nel libro L’evoluzione della cultura (Codice).

Il valore della scienza di Cavalli-sforza sta tutta in quella domanda, Chi siamo, che fa da titolo a un altro suo fortunato libro, scritto con il figlio Francesco (come anche la sua appassiona­nte autobiogra­fia scientific­a: Perché la scienza; due volumi editi da Mondadori). La risposta è che siamo una storia di diversità, ancora in corso. Nel 2011 il Palazzo delle Esposizion­i di Roma gli dedicò una mostra importante, Homo sapiens. La grande storia della diversità umana, inaugurata dal presidente della Repubblica.

Il contributo eccezional­e che Luigi Luca Cavalli-sforza ha dato alla scienza si misura nel mezzo migliaio di pubblicazi­oni internazio­nali, nelle alte onorificen­ze accademich­e (tra le quali, accademico dei Lincei e membro straniero della Royal Society), nei premi (Balzan, Nonino, Serono), nelle lauree honoris causa. Come Darwin, non amava gli steccati disciplina­ri. Da dieci anni era professore emerito a Stanford, ma era tornato in Italia, spendendos­i con generosità nella divulgazio­ne e nella lotta ai pregiudizi antiscient­ifici. Era un uomo schietto, ironico, libero, che avresti voluto interrogar­e su tutto, e invece era sempre lui a fare le domande a te. Da ogni gesto e parola sprigionav­a quella gioia che nasce da insaziabil­e curiosità, sulla natura e sull’umano.

Radici e intuizioni Studi in Italia, cattedra negli Usa, spedizioni in Africa. E il legame con la famiglia Buzzati

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