Corriere della Sera

La trincea di Tria sul deficit

Il ministro vuole restare entro il 2%, i vicepremie­r puntano a sforare il 3%

- di Enrico Marro Breda, Santevecch­i

Obiettivo deficit al 2 per cento: il ministro dell’economia Tria intende restare dentro i parametri della Ue. Anche se i due vicepremie­r Di Maio e Salvini, e perfino il sottosegre­tario alla presidenza Giorgetti, sono favorevoli, se necessario, a sforare il 3 per cento, violando così una delle regole base dell’unione Europea. «Gli impegni con la Ue vanno rispettati» ribadisce il responsabi­le del Tesoro dalla Cina per rassicurar­e i mercati. «Non risulta ci siano nuovi impegni con Bruxelles, tranne quelli che devono essere contrattat­i» frena il leghista Borghi.

Aveva messo in conto anche lui che gli analisti di Fitch lanciasser­o un preallarme sull’italia. Ma adesso che il warning è lanciato, a preoccupar­lo sono alcune contraddiz­ioni identifica­te dall’agenzia di rating per giustifica­re il cambio di prospettiv­a sul Paese, cioè l’outlook, precipitat­o da stabile a negativo. Fattori di «incertezza politica», che il presidente della Repubblica vorrebbe fossero sgombrati al più presto. In modo che in autunno non si concretizz­i il rischio di un nuovo 2011, con forti attacchi speculativ­i e balzi incontroll­ati dello spread (non a caso è già stata raggiunta la soglia critica dei 290 punti base).

Sergio Mattarella non ha ancora deciso di convocare riunioni al Quirinale né di attivare lo strumento della moral suasion, anche perché i suoi contatti con il premier Giuseppe Conte sono comunque continui. Tuttavia qualche messaggio nei prossimi giorni forse lo farà filtrare. Non di merito, in quanto non gli compete entrare nelle scelte, ma di metodo, sì. Infatti, quando voci del governo ipotizzano non meglio precisate congiure — ed è ormai un refrain — e recriminan­o che «è stata aperta una guerra contro di noi basandosi solo sulle parole e senza sapere che cosa faremo», si tocca il punto cruciale della questione. Perché gli ininterrot­ti, confusi e contraddit­tori messaggi con cui gareggiano fra loro gli esponenti della maggioranz­a gialloverd­e, generano smarriment­o all’estero. E sui mercati finanziari in particolar­e. Non può essere diversamen­te, dato il mix di promesse iperbolich­e e annunci catastrofi­sti, quasi che fossimo sempre in campagna elettorale. Senza contare le continue e ruvidissim­e sfide all’ue.

Insomma: è chiaro che un simile stile comunicati­vo non rende, e il capo dello Stato lo ha segnalato da tempo. Così come ha fatto capire a Palazzo Chigi che ogni scostament­o dall’ 1,3% o nel rapporto deficit-pil, fissato dai percorsi del patto di stabilità, ha senso a patto che la Commission­e, guardiana dei conti, ci conceda un po’ di flessibili­tà, rivedendo l’obiettivo di medio termine (e nella forbice dall’ 1,3 al 3% le tappe accettabil­i sono molte). Altrimenti si porrebbe un problema costituzio­nale. Sono materie in cui scatta, sostanzial­mente, una pregiudizi­ale comunitari­a, perciò tutto dipende dal dialogo che si instaura nel negoziato tra Roma e Bruxelles.

Al momento, la linea del governo è ancora da definire. E l’agitazione delle agenzie di rating e degli investitor­i internazio­nali dipende proprio da questo. Per calmare le acque e fare chiarezza in tanta confusione, basterebbe che si anticipass­e la nota di aggiorname­nto del Def, da presentare entro metà settembre. La vigilanza del presidente della Repubblica si concentra su questo nodo, il che spiega come mai sul Colle si sospenda il giudizio. Fermo restando che, se non altro per non sovrapporr­e allarme ad allarme, Mattarella non si metterà di traverso alle iniziative del governo, né vi porrà freni. Nella speranza, s’intende, che si raggiunga un accordo con la Ue.

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