La trincea di Tria sul deficit
Il ministro vuole restare entro il 2%, i vicepremier puntano a sforare il 3%
Obiettivo deficit al 2 per cento: il ministro dell’economia Tria intende restare dentro i parametri della Ue. Anche se i due vicepremier Di Maio e Salvini, e perfino il sottosegretario alla presidenza Giorgetti, sono favorevoli, se necessario, a sforare il 3 per cento, violando così una delle regole base dell’unione Europea. «Gli impegni con la Ue vanno rispettati» ribadisce il responsabile del Tesoro dalla Cina per rassicurare i mercati. «Non risulta ci siano nuovi impegni con Bruxelles, tranne quelli che devono essere contrattati» frena il leghista Borghi.
Aveva messo in conto anche lui che gli analisti di Fitch lanciassero un preallarme sull’italia. Ma adesso che il warning è lanciato, a preoccuparlo sono alcune contraddizioni identificate dall’agenzia di rating per giustificare il cambio di prospettiva sul Paese, cioè l’outlook, precipitato da stabile a negativo. Fattori di «incertezza politica», che il presidente della Repubblica vorrebbe fossero sgombrati al più presto. In modo che in autunno non si concretizzi il rischio di un nuovo 2011, con forti attacchi speculativi e balzi incontrollati dello spread (non a caso è già stata raggiunta la soglia critica dei 290 punti base).
Sergio Mattarella non ha ancora deciso di convocare riunioni al Quirinale né di attivare lo strumento della moral suasion, anche perché i suoi contatti con il premier Giuseppe Conte sono comunque continui. Tuttavia qualche messaggio nei prossimi giorni forse lo farà filtrare. Non di merito, in quanto non gli compete entrare nelle scelte, ma di metodo, sì. Infatti, quando voci del governo ipotizzano non meglio precisate congiure — ed è ormai un refrain — e recriminano che «è stata aperta una guerra contro di noi basandosi solo sulle parole e senza sapere che cosa faremo», si tocca il punto cruciale della questione. Perché gli ininterrotti, confusi e contraddittori messaggi con cui gareggiano fra loro gli esponenti della maggioranza gialloverde, generano smarrimento all’estero. E sui mercati finanziari in particolare. Non può essere diversamente, dato il mix di promesse iperboliche e annunci catastrofisti, quasi che fossimo sempre in campagna elettorale. Senza contare le continue e ruvidissime sfide all’ue.
Insomma: è chiaro che un simile stile comunicativo non rende, e il capo dello Stato lo ha segnalato da tempo. Così come ha fatto capire a Palazzo Chigi che ogni scostamento dall’ 1,3% o nel rapporto deficit-pil, fissato dai percorsi del patto di stabilità, ha senso a patto che la Commissione, guardiana dei conti, ci conceda un po’ di flessibilità, rivedendo l’obiettivo di medio termine (e nella forbice dall’ 1,3 al 3% le tappe accettabili sono molte). Altrimenti si porrebbe un problema costituzionale. Sono materie in cui scatta, sostanzialmente, una pregiudiziale comunitaria, perciò tutto dipende dal dialogo che si instaura nel negoziato tra Roma e Bruxelles.
Al momento, la linea del governo è ancora da definire. E l’agitazione delle agenzie di rating e degli investitori internazionali dipende proprio da questo. Per calmare le acque e fare chiarezza in tanta confusione, basterebbe che si anticipasse la nota di aggiornamento del Def, da presentare entro metà settembre. La vigilanza del presidente della Repubblica si concentra su questo nodo, il che spiega come mai sul Colle si sospenda il giudizio. Fermo restando che, se non altro per non sovrapporre allarme ad allarme, Mattarella non si metterà di traverso alle iniziative del governo, né vi porrà freni. Nella speranza, s’intende, che si raggiunga un accordo con la Ue.