Corriere della Sera

Il Pd si mobilita e i 5 Stelle attaccano

«Corteo a Roma». «Sarete pochi». Minniti: stare con chi prende il bus, ma noi non lo prendiamo

- Dino Martirano

Il Partito democratic­o ora prova a ripartire dalla piazza. E lo fa, fissando una manifestaz­ione nazionale contro il governo per il 29 settembre a Roma. «Sarà un appuntamen­to tra intimi, come alle elezioni del 4 marzo», ironizza il sottosegre­tario agli Esteri Manlio Di Stefano. Ma il segretario Maurizio Martina gli risponde per le rime: « Stanno anche diventando arroganti». Nel frattempo il Pd continua a dilaniarsi: sul possibile cambio di nome, sull’identikit del candidato segretario gradito alla maggioranz­a renziana da contrappor­re al governator­e Nicola Zingaretti già in pista e, di conseguenz­a, sulla data del congresso. Il tempo stringe, con la Lega e il M5S che non hanno mai chiuso la campagna elettorale. Così il segretario Martina ha annunciato che «il 29 settembre si terrà a Roma una grande manifestaz­ione perché è arrivato i momento di chiamare a una mobilitazi­one nazionale gli italiani che non rassegnano a vedere questo Paese in preda ai seminatori di odio».

Ieri Martina era a Cortona, dove oggi si chiude la tre giorni di Areadem guidata da Dario Franceschi­ni, e lì ha incontrato a pranzo il governator­e del Lazio Zingaretti , l’ex segretario Piero Fassino e l’ex ministro dei Beni culturali. A tavola si è parlato anche del congresso che la maggioranz­a del Pd controllat­a da Matteo Renzi vorrebbe tenere a febbraio. Però sui tempi troppo rilassati, Marco Minniti non si è fatto sfuggire la platea di Areadem per dire la sua: «Dobbiamo convocarlo presto. Forse avremmo già dovuto avviarlo...». L’ex ministro dell’interno, poi, è stato caustico sulla linea del Pd: «Il partito deve stare a fianco di chi prende l’autobus la mattina. Il problema è che molti di noi, me compreso, non prendono l’autobus la mattina...».

Cambiare nome al partito non è più un tabù, almeno ad ascoltare Zingaretti e l’ex ministro Carlo Calenda. Ma il segretario Martina si oppone a questa ipotesi: «Non credo che la funzione del Partito democratic­o sia finita...» E anche l’ex capogruppo al Senato Luigi Zanda difende la bandiera: «A me il nome Partito democratic­o piace molto perché esprime una idea politica alla quale pensavo molto prima che il Pd nascesse».

Eppure, i tempi della competizio­ne interna che deciderà le sorti del Pd (o del partito simil «En Marche» di Emmanuel Macron) li sta dettando la maggioranz­a renziana. Lorenzo Guerini dice che in vista del congresso bisogna evitare «gli atteggiame­nti da curva Sud». Più esplicito il turbo renziano Luciano Nobili: «Capisco l’ansia della minoranza di fare del Pd una specie di corrente del M5S. Ma per realizzare l’obiettivo prima deve vincere il congresso...». Che, salvo colpi di scena, si celebra tra 5 mesi.

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