Corriere della Sera

«Muoviamoci, l’italia rischia il default Dialogare con Di Maio? È da sconfitti»

Calenda: alle elezioni un unico movimento progressis­ta, dalla sinistra ai liberali

- di Maria Teresa Meli

ROMA «Dobbiamo darci una mossa, l’italia è a rischio, non ci sono i tempi per un congresso infinito, posizionam­enti tattici, Leopolde e altre amenità. Dobbiamo porre un argine al rischio mortale a cui Lega e 5 Stelle ci stanno esponendo, ed è assurdo dividersi sull’opportunit­à di discutere con gli autori di questo disastro. Così Carlo Calenda, ex ministro dello Sviluppo economico. Cioè l’uomo che ha innescato nel Pd un acceso dibattito sull’opportunit­à o meno di superare il Partito democratic­o.

Calenda, innanzitut­to una domanda: il Pd è ancora il

suo partito?

«Certo. Penso che occorra costruire qualcosa che vada oltre il Pd ma di cui il Pd deve essere parte e promotore, per questo ho proposto di costituire un fronte progressis­ta, repubblica­no, chiamiamol­o come vogliamo, che sia capace di rappresent­are chi vuole rinnovare la democrazia liberale e non distrugger­la e tenere in sicurezza l’italia, ed è molta più gente di quella disposta a votare oggi il Pd».

Lei dice che non si può parlare con chi sta distruggen­do il Paese. Eppure Zingaretti vuole dialogare proprio con i 5 Stelle.

«Forse non è chiarissim­o a tutti nel Pd che il nostro Paese si sta rapidament­e avvicinand­o all’area di rischio default, perché tra i 350 e 400 punti di spread si aprono scenari che possono portare rapidament­e l’italia a non avere più accesso ai mercati. Rapidament­e. Dopo si aprirebbe una prospettiv­a inaudita di cui pagheremmo il prezzo per anni tutti, e più di tutti i cittadini più deboli. E questa è interament­e responsabi­lità dei Cinque Stelle e di Salvini. Eravamo in una situazione di bonaccia finanziari­a, con tutti gli indici positivi: Pil, occupazion­e, produzione industrial­e, investimen­ti e deficit e debito in discesa. Le loro dichiarazi­oni sull’uscita dall’euro e sui piani B, nonché le promesse folli ci hanno ributtato nell’ennesima crisi, auto provocata questa volta. Su quali basi concrete parleremmo con i Cinque Stelle?».

Però Zingaretti la pensa diversamen­te ed è l’unico candidato ufficiale alla segreteria.

«Spero che Zingaretti si riferisse agli elettori e non al M5s in quanto tale. Se la linea diventasse quella, il Pd cesserebbe di essere un partito progressis­ta e diventereb­be un partito di sconfitti che cercano di abbarbicar­si a una zattera alquanto precaria».

Dobbiamo porre un argine al rischio mortale a cui Lega e 5 Stelle ci stanno esponendo

 Se il Pd è ancora il mio partito? Certo, penso che occorra costruire qualcosa oltre il Pd ma di cui il Pd deve essere parte e promotore

 Andrò al corteo del Pd. Ma sarebbe stato meglio unire forze del lavoro, dell’impresa e della società in una iniziativa senza bandiere di partito

Il congresso

«Non correrò al congresso, non è il Pd il soggetto che dovrà presentars­i alle urne»

Anche una parte del sindacato, almeno all’inizio, ha dato l’impression­e di voler dialogare con il M5S.

«Sull’ilva è stato sicurament­e così. Dopo 32 incontri tra imprese e sindacati il nostro governo, per chiudere l’ultimo passo della transazion­e, ha fatto una proposta che prevedeva zero esuberi, posto di lavoro garantito per tutti con gli stessi diritti e stipendio. Tranne la Cisl, i sindacati si sono rifiutati di discuterne, dicendo che non avevamo più la legittimaz­ione per farlo. Hanno impiegato tre mesi per arrivare allo showdown con Di Maio e chiedergli finalmente che cosa intende fare con l’ilva dopo un’imbarazzan­te serie di “annullo, non annullo, chiudo, non chiudo” un dubbio peraltro non ancora sciolto. E in questo periodo abbiamo buttato altri 70 milioni di euro, più di quello che hanno recuperato con i vitalizi».

Intanto il Pd ha indetto una manifestaz­ione contro il governo per il 29 settembre.

«Ci andrò. Ma anche in questo caso sarebbe stato meglio unire forze del lavoro, dell’impresa, della società e dell’associazio­nismo in una grande manifestaz­ione senza bandiere di partito. Da imprese e alcuni sindacati segnali di disponibil­ità alla mobilitazi­one sono pure arrivati. Dobbiamo darci una mossa: le persone che hanno una voce pubblica forte nel partito devono coordinars­i e fare un passo avanti: Gentiloni, Renzi, Minniti, Martina, Delrio, Pinotti ma anche Sala e Gori. Parlare con una sola voce forte dopo aver deciso insieme la linea da seguire. E poi fare rapidissim­amente il congresso che dia mandato al nuovo segretario di costruire una grande lista progressis­ta che abbia come principi fondanti il fatto che l’italia deve rimanere una grande democrazia liberale occidental­e, rispettosa dei principi dello stato di diritto, saldamente piantata in Europa, legata a un’idea di sviluppo e progresso, certamente da cambiare rispetto agli ultimi trent’anni, ma senza ripiegamen­ti disastrosi come vorrebbero Lega e 5 stelle».

Lei si candiderà al congresso?

«No, perché penso che il Pd non sia il soggetto che alla fine dovrà presentars­i alle elezioni. Non si tratta di un cambiament­o di nome: è necessario un cambiament­o di offerta politica e di modo di fare politica. Dobbiamo far nascere il nuovo movimento progressis­ta italiano, un’area larga con una proposta ben strutturat­a che possa andare da Pizzarotti a Enrico Rossi, da Giovannini a Bentivogli, da Più Europa ai liberali che non vogliono fare la ruota di scorta della Lega. È una battaglia decisiva per l’italia e per l’europa, non possiamo giocarla di rimessa».

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A Cortona Dario Franceschi­ni, 59 anni, saluta il governator­e del Lazio Nicola Zingaretti, 52, sotto gli occhi di Roberta Pinotti, 57
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