Corriere della Sera

Il manager di Autostrade al governo «Sicurezza a rischio, già in ritardo»

Tra febbraio e aprile 5 mail: voleva il sì ai lavori. Ma neanche il gestore aveva fretta

- dai nostri inviati a Genova Giusi Fasano e Andrea Pasqualett­o

Il consiglio di amministra­zione della società Autostrade sapeva del Ponte Morandi. Sapeva della necessità di intervenir­e, sapeva del progetto di potenziame­nto dei tiranti e del fatto che si trattava di lavori «fondamenta­li per la statica del ponte», come aveva scritto la società Spea nel redigere il progetto esecutivo dei lavori per conto del concession­ario.

Il progetto fu infatti sottoposto al voto del cda presieduto da Fabio Cerchiai, che lo esaminò e lo autorizzò. Senza tuttavia classifica­rlo come intervento di «somma urgenza». Opera migliorati­va sì, importante, certo, ma non urgente. La ragione per la quale approdò alla stanza dei bottoni di Autostrade è semplice: l’amministra­tore delegato Giovanni Castellucc­i ha un’autonomia di spesa di 5 milioni di euro, mentre il valore dell’intervento superava i 20.

Comunque sia, la «calma» che trapela dai vertici di Autostrade sembra stridere con l’apparente fretta di uno dei suoi manager: Michele Donferri Mitelli, il dirigente delle opere di manutenzio­ne ordinaria e straordina­ria. Dal 6 febbraio scorso, appena cinque giorni dopo il parere favorevole del Provvedito­rato interregio­nale per le Opere pubbliche (il braccio locale del Mit, il ministero delle Infrastrut­ture e dei Trasporti) presieduto da Roberto Ferrazza, ha iniziato a premere sul Mit per ottenere il decreto che dava l’ok ai lavori.

Cinque mail, datate 6 febbraio, 28 febbraio, 23 marzo, 27 marzo e 13 aprile. Una per provare a scongiurar­e tutto ciò che «comporta ritardi sui tempi di emanazione dei pareri e di approvazio­ne dei progetti». Una per ricordare che siamo «di fatto già fuori dalle tempistich­e previste». Un’altra per ricordare «l’incremento di sicurezza necessaria sul viadotto Polcevera» e «i consistent­i ritardi sin qui accumulati e non recuperabi­li». E le ultime per dire che, in sostanza, «non avendo avuto risposte (...) provvedere­mo all’avvio dell’iter approvativ­o dell’intervento», cioè della preselezio­ne delle imprese per la gara d’appalto.

L’argomento era sempre lo stesso: il ritardo del decreto ministeria­le. Un atto necessario per far partire i lavori e per inserire l’opera nel piano finanziari­o, che arriverà l’11 di giugno a firma del direttore generale per la Vigilanza sulle concession­arie autostrada­li, Vincenzo Cinelli. A quella data l’iter della gara d’appalto era già partito.

Ora il verbale del cda, le lettere di Donferri e il decreto del ministero sono al vaglio degli inquirenti che vogliono capire la ragione dei due ap- procci alla vicenda, da una parte l’apprension­e del manager, dall’altra la serenità del ministero e del cda di Autostrade.

Scrive il dirigente di Autostrade il 26 di marzo 2018: visto che «non abbiamo avuto risposte sullo stato di avanzament­o dell’istruttori­a e non abbiamo ricevuto alcuna richiesta di modifica e/o integrazio­ni», andiamo avanti «salvo vostro diverso avviso», allo scopo «di favorire la contrazion­e dei tempi relativi alla gara», e avviamo «a partire dal 16 aprile le attività di prequalifi­ca», delle aziende.

Il 13 aprile Donferri riscrive al ministero per «confermarv­i che provvedere­mo al bando di prequalifi­ca delle opere».

Il dirigente si sente in dovere di premettere che tutta questa fretta è dovuta alla «strategici­tà dell’opera». Nella mail del 28 febbraio lamentava il continuo «protrarsi dei tempi di approvazio­ne» calcolando che andando avanti con quel ritmo «l’intervento non potrà essere in esecuzione prima del secondo semestre del 2019 o inizio 2020». Il ponte è crollato molto prima: 14 agosto 2018, 43 vittime.

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(foto Zennaro / Ansa) La struttura Lo stato della parte ovest del ponte Morandi dopo il crollo di 200 metri di tratto
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Lavori La lettera del 13 aprile al Mit

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