Corriere della Sera

Il sorriso sdentato del lavavetri marocchino

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Tutto cominciò una sera d’inverno a Napoli, attraversa­ta da un vento gelido. Avevo comprato al supermerca­to, per le mie necessità di uomo che deve arrangiars­i da solo, una fetta di frittata di pasta e stavo rientrando a casa quando mi colpì sui gradini di una lavanderia, un ragazzo rannicchia­to che stringeva sulla testa un cappellino. Guardai meglio e riconobbi il lavavetri marocchino che da un po’ di tempo «lavorava» al semaforo e che incanalava le auto dirette dal quartiere del Vomero, a quello di Soccavo. Hassan (così lo chiamavano i suoi colleghi) mi aveva colpito perché, pur passando io ogni giorno a pochi centimetri da lui al ritorno dalla scuola, non mi aveva mai chiesto soldi e mi guardava sorridendo con la sua bocca precocemen­te sdentata. Quella sera Hassan stava tremando e la stanchezza e la fame ormai lo avevano vinto. Gli porsi il pezzo di frittata: io avrei potuto fare volentieri a meno, lui no di certo. Nacque così la nostra amicizia. Ancora oggi, a distanza di due anni da quella sera, Hassan accetta da me cibo e caffè ma mai denaro, e mi ricambia portandomi poesie da lui tradotte. Negli ultimi giorni Hassan per un feroce mal di denti, non riesce a dormire. Me ne ha accennato, ma il dentista costa troppo e a stento riesce a comprarsi con quel che racimola le medicine per attutire il dolore. Eppure continua a sorridermi! Vittorio Gennarini

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