Corriere della Sera

Tilda Swinton: ispirata da Pina Bausch

- DA UNO DEI NOSTRI INVIATI Valerio Cappelli

VENEZIA All’ennesimo tuono, Tilda Swinton (nella foto in una scena del film) punta l’indice in alto e esclama: «Vedete? Arrivano le streghe». Luca Guadagnino nel remake di Suspiria ritrova la sua attrice feticcio. Di prima mattina, il regista sfoggia un giacchino shocking, verde fluo: stesso colore dell’abito drappeggia­to di Tilda Swinton, attrice scozzese, scultura vivente che sullo schermo si plasma e si trasforma fisicament­e, installazi­one in ossa e carne. I due condividon­o anche il pallore del viso. Ma tra loro c’è soprattutt­o la complicità: «Ci siamo conosciuti nel 1996», racconta lei, «è uno dei miei amici più cari, ormai siamo parenti, c’è un rapporto di sangue». La battuta, in tema col film, suscita risate. «Quando sai che una persona a te vicina ha una soglia di noia così bassa, è una fortuna, si può stare tranquilli». Lei interpreta la coreografa della scuola di danza al centro del film. «Ci siamo ispirati a Pina Bausch e alla sua crudezza, ma anche a Martha Graham e a Scarpette rosse, quel senso di ego, di carisma, di attaccamen­to perverso all’arte era un territorio da esplorare. C’è una battuta del film che dà il senso a questa sfilata di cigni neri che sfregiano i canoni classici: “La danza non è bella o allegra ma deve dare un colpo al naso sul senso del bello”». Nel film Tilda, regina del sangue e madre di ogni violenza, indossa una tunica trecentesc­a e porta i capelli ramati lunghi. Queste donne che dominano, mai vittime, naturalmen­te non sono una risposta a Weinstein e agli scandali sessuali, «i film non si fanno a tema, e poi l’abbiamo girato prima». E aggiunge: «Tre mesi fa la morte di Kira Morotowa, grande regista moldava, è apparsa irrilevant­e per i media. Anche noi attrici donne abbiamo fatto questo film, modificand­one l’approccio. Il cinema è uno Stato libero che non ha connotazio­ne maschile o femminile».

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