Corriere della Sera

Se la vacanza è davvero ri-creativa il ritorno è una nuova partenza

- E.M.

Il problema potrebbe non essere il rientro, potremmo essere noi. Come stiamo, come e perché abbiamo scelto una vacanza piuttosto che un’altra, che cosa ne abbiamo tratto: potrebbero essere questi, più ancora che l’inevitabil­e ritorno in ufficio, i fattori che davvero incidono sul nostro benessere psicologic­o una volta tornati alla scrivania. Perché gli elementi in gioco sono tanti, come spiega Annamaria Di Fabio, docente di Psicologia del lavoro e delle organizzaz­ioni dell’università di Firenze: «Le complessit­à che derivano dalla transizion­e fra interruzio­ne dei ritmi e rientro in ufficio in realtà posla sono manifestar­si pure dopo vacanze brevi, perché dipendono da qualità e intensità della pausa ma anche da come stiamo prima di partire, dalle caratteris­tiche della vacanza, da ciò che questa produce in noi. La scelta del tipo di viaggio, più o meno in linea con i bisogni più profondi e autentici; la soddisfazi­one che ne traiamo o al contrario delusione per le aspettativ­e disattese; la costruzion­e di significat­i durante la vacanza in modo da mantenere un filo di continuità nello sviluppo di noi stessi: tutto questo incide moltissimo su come ci sentiremo al ritorno».

Che, peraltro, è una parte del percorso: se la vacanza o il viaggio non ci «rispecchia­no» o non sono un’occasione di crescita interiore al rientro ci sentiremo peggio. Per non provare malessere a settembre, quindi, dobbiamo pensarci già quando prenotiamo le ferie: secondo Di Fabio, che a Firenze dirige due Laboratori internazio­nali di ricerca, uno in psicologia positiva

Funzione

Uno stacco che non sia anche un’occasione di crescita interiore non dà benefici duraturi

cross-culturale, prevenzion­e e sostenibil­ità e l’altro per l’orientamen­to profession­ale, il career counseling e i talenti, la strategia giusta è cambiare l’approccio alla pausa dal lavoro. «Non dobbiamo usarla solo per cercare momenti piacevoli, ma per esprimere noi stessi. Se la vacanza è solo ricerca di piacere è facile scaricare le tensioni o sentirsi più energici, ma è un effetto superficia­le: al rientro la quotidiani­tà ci assale di nuovo e si perde rapidament­e il benessere guadagnato. Se invece gli stimoli della vacanza portano a riflettere e a conoscersi meglio, sono in linea con quanto per noi ha valore o aiutano a sintonizza­rci meglio su noi stessi, la pausa sarà un’occasione per recuperare, scoprire o costruire nuovi significat­i di sé, anche nei confronti del lavoro che ci attende: in questo caso la vacanza aiuta a “fiorimente re”, diventa un momento di crescita e sperimenta­zione di sé e rimane con noi, dopo, perché può essere un “interrutto­re” che accende un cambiament­o positivo. Al ritorno avremo infatti le energie per pianificar­e piccole ma concrete variazioni del consueto, che ci portino in una direzione più affine a quel che siamo davvero». Il rientro quindi può non essere una condanna ma perfino un salto verso il benessere: se la vacanza non è stata solo una rincorsa verso il godimento di attimi ma ci ha fatto crescere, generando nuove energie, sapremo final-

cambiare quel che non ci piace della nostra vita. «Sarà più probabile riuscire davvero ad andare in palestra o frequentar­e quel corso che da tanto tempo sognavamo di seguire, magari riusciremo a trovare un modo nuovo e più positivo di relazionar­ci coi colleghi, oppure sapremo trasformar­e i vincoli del lavoro in sfide positive da superare con la creatività — osserva Di Fabio —. Le ferie, insomma, possono essere un’iniezione di energia duratura, un’occasione per migliorars­i e andare poi in vacanza tutti i giorni dal lato passivo, abitudinar­io, rassegnato e stanco di noi stessi, dalle consuetudi­ni infruttuos­e, quelle che alimentano circoli viziosi “tossici”, che ci appannano e ci spengono anziché farci sbocciare al nostro meglio».

Se la vacanza ha saputo generare nuove energie ci aiuterà a cambiare

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