Di Battista sfida Matteo
L’ex deputato esorta il M5S a «tenere duro» di fronte all’alleato. La distanza con il vicepremier
Tra l’applauso che congeda un Luigi Di Maio in abito blu e l’ovazione che accoglie un Alessandro Di Battista in tshirt verde bosco, passa una manciata di secondi. Ma tra il leader assoluto del Movimento e il più amato dal popolo a 5 Stelle non c’è contatto alcuno, nemmeno virtuale. E per quanto durante l’intervista video con Peter Gomez l’ex deputato loderà più volte «Luigi», stando attento a non rivaleggiare apertamente con il «suo» vicepremier, la distanza tra i due resta grande come l’oceano che li separa: «Ma Luigi è andato via? Volevo salutarlo... Gli do un abbraccio enorme».
Torna «Dibba», per ora solo in collegamento dal Guatemala con la festa del Fatto quotidiano. Torna sulla scena politica e, pur confermando il sostegno al governo, sfida apertamente Matteo Salvini e si smarca da Di Maio. La telecamera inquadra un ventilatore vintage e una poltrona in vimini, poi stringe sul grillino che da tre mesi, sneakers ai piedi e barba guevarista, gira per le Americhe inviando reportage al quotidiano di Marco Travaglio: «Sono lontano, leggo qualche volta le prime pagine su internet...». Legge e si arrabbia, perché ha l’impressione che l’establishment e la stampa ritengano la Lega «meno pericolosa del M5S» e dipingano Salvini «come Churchill» e i pentastellati come «sfigatelli che non sanno fare politica». Ma non è così, gesticola «Dibba», impegnato a tranquillizzare Di Maio: «Luigi subalterno? Non mi pare. Il M5S deve tenere duro, ma anche con i Benetton Luigi è stato durissimo».
Eppure trapela l’attenzione da entomologo cui il leader mancato del Movimento tiene d’occhio il prescelto. Quando dice che il vicepremier «ci sta alla grande» sul dossier Autostrade, lo sprona a non abbassare la guardia sulla nazionalizzazione: «Giorgetti fa ammuina, dice andiamoci piano... Eh no, andiamoci piano un c...! Su Autostrade e reddito di cittadinanza si vedrà se la Lega è diversa, o è ancora la Lega maroniana camuffata».
Il tono è battagliero, la parlantina elettrica. E quando Gomez gli chiede se è vero che stia meditando di candidarsi alle Europee per fermare la fuga di voti dai 5 Stelle alla Lega, il Di Battista-giornalista si arrabbia: «Chi l’ha scritta, ‘sta roba?». Dice di non leggere i sondaggi e mostra di non temere il sorpasso della Lega: «Vedremo se sarà davvero al 30%». E anche sul tema migranti l’avviso dell’intervistato d’oltremare a Di Maio è di non inseguire Salvini. Per lui parole d’ordine come «la pacchia è finita» sono «inutile propaganda» e lo fa sorridere l’insistenza sulle manette per la nave Diciotti: «Salvini si gioca la sua partita di propaganda e lo sa fare bene. Avete visto come provoca? Indagatemi, sono qui, rischio trent’anni di carcere... Macché,
non rischia nulla».
I fan in diretta social invocano il ritorno del «grande guerriero», ma nel parco dell’antica villa La Versiliana, dove D’annunzio cantò le «tamerici salmastre e arse», non tutti sembrano contenti quando Di Battista sentenzia che «il Pd è un partito morto» e assicura che «non c’erano alternative al contratto con la Lega». Come spiegherà Miguel Gotor, invitato a parlare di Aldo Moro, «questo pubblico è in gran parte gente nostra che abbiamo perduto». Gente che da «Dibba» si aspettava una sintonia maggiore con le idee del presidente Roberto Fico, il quale si è smarcato da Salvini e Di Maio sull’odissea della Diciotti. Invece il più descamisado dei grillini non vede legami tra razzismo, xenofobia e la nave «sequestrata» col suo carico di migranti disperati.
C’è ancora il tempo per mettere fine alla «vergognosa e inutile» guerra in Afghanistan, ammonire il M5S perché non ceda sulla «stupida, idiota» Tav e attaccare Macron, che «fa il bello e lo spiritoso» ma non sa che un giorno Di Battista racconterà «la Francia colonialista in Africa». E il gasdotto Tap? «Non credo che, se non lo facciamo, Trump ci manda gli F16... Se ci trattano da caccole è perché si sono comportati da caccole i governi degli ultimi 30 anni. Noi siamo l’italia, un po’ di orgoglio nazionale». Mezz’ora con la testa sui guai del nostro Paese è anche troppo per un aspirante leader che invita a «leggere il mondo dal punto di vista globale» e mostra il biglietto per la prossima tappa: «Ora Sahra, Andrea ed io attraversiamo il Belize in pullman e andiamo in Guatemala, a festeggiare il compleanno di mio figlio. C’è Renzi qui con me...». Risate (e applausi).