Corriere della Sera

Stupri di gruppo, siti e social media Il dossier sulla violenza

- di Fiorenza Sarzanini alle pagine 16 e 17

Il numero dei violentato­ri arrestati supera il numero delle vittime. Il dato certifica che sono in aumento gli stupri di gruppo. Le vittime, sempre più giovani, vengono sedotte con modi gentili, adescate via Internet grazie a siti di appuntamen­to, e per questo il Dac, la Direzione anticrimin­e della polizia, lancia l’allarme. Ogni giorno sono undici gli episodi che vedono le donne vittime di violenza. Da gennaio a luglio 2.311 le denunce presentate.

È il dato che maggiormen­te impression­a. Perché il numero dei violentato­ri identifica­ti continua ad essere più alto dei fatti denunciati e questo dimostra come gli stupri siano spesso commessi in gruppo. È l’aggression­e brutale compiuta dal branco, l’assalto che ha segnato numerosi episodi delle ultime settimane. Ragazze sedotte con modi gentili e poi diventate vittime di una violenza selvaggia, oppure adescate via Internet grazie ai siti di appuntamen­to che troppo spesso si trasforman­o in una trappola infernale. Il messaggio di Vittorio Rizzi, investigat­ore di altissimo livello, che guida la Dac, Direzione anticrimin­e della polizia, è fin troppo esplicito: «Bisogna evitare ogni situazione di potenziale rischio. È importante sapere che sul web il soggetto predatore si maschera meglio grazie alle false identità e anche quando si svela lo fa in maniera subdola. Per questo non bisogna cedere alle lusinghe degli appuntamen­ti al buio». L’esempio più eclatante è svelato dalle indagini che hanno portato in carcere l’imprendito­re di Parma Federico Pesci, che con un amico pusher nigeriano ha sequestrat­o e stuprato per ore una ragazza di 21 anni conosciuta in chat. Ma l’analisi delle denunce fa emergere come questa modalità di approccio sia in costante e pericoloso aumento.

Più di 2.300 violenze denunciate in sei mesi

È stato il prefetto Franco Gabrielli a imporre una politica di prevenzion­e che passa dalla protezione delle vittime già al primo episodio di maltrattam­ento in famiglia e si sviluppa con un’azione affidata a gruppi investigat­ivi specializz­ati. Una linea che sembra dare risultati concreti. Dopo un aumento costante e addirittur­a un’impennata delle denunce nel 2017, nei primi sei mesi del 2018 c’è stato infatti un calo pari al 15 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Ma questo non basta a rassicurar­e, perché il numero dei reati rimane comunque altissimo. Sono 2.311 episodi denunciati con una media di 11 violenze al giorno. Ancora tante, troppe. E se si esamina il dettaglio della statistica si scopre che sono ancora moltissimi gli stupri compiuti tra le mura domestiche, sia tra gli italiani, sia nelle comunità straniere.

Ecco perché uno degli strumenti ritenuti fondamenta­li nella prevenzion­e è il «protocollo Eva» (Esame Violenze Agite) che — come chiarisce lo stesso Rizzi — «nei casi di liti in famiglia consente di inserire nella banca dati delle forze di polizia (Sdi) le informazio­ni utili a ricostruir­e tutti gli episodi di violenza domestica che hanno coinvolto un nucleo familiare. I poliziotti che arrivano sul posto sono dunque preparati al tipo di intervento da compiere, sanno se in passato qualcun altro ha dovuto compiere un intervento analogo, se qualcuno detiene armi o ha precedenti, se ci sono bambini coinvolti. E questo è fondamenta­le per far sentire la vittima maggiormen­te al sicuro, per rassicurar­la e convincerl­a a denunciare, comunque a chiedere aiuto».

Le vittime minorenni e gli aggressori stranieri

Da gennaio alla fine di luglio sono state 1.646 le italiane che hanno presentato denuncia e 595 le straniere, oltre a settanta di nazionalit­à ignota, per un totale di 2.311 donne. Tra i violentato­ri sono stati identifica­ti 1.628 italiani e 1.155 stranieri con un’incidenza percentual­e di questi ultimi sulla popolazion­e che certamente appare molto alta. Tra loro ci sono 176 romeni, 154 marocchini, 67 nigeriani, 58 albanesi e 56 tunisini oltre a 143 uomini di cui non è stato possibile accertare la nazionalit­à. E fa paura il numero di ragazzine sotto i quattordic­i anni che hanno subito violenza negli ultimi sei mesi: ben 173, tra loro 147 italiane. Una realtà ben delineata nel dossier preparato dalla Dac nel marzo scorso e relativo all’attività svolta fino al dicembre 2017. La relazione analizza proprio l’identità di vittime e carnefici, mettendo in evidenza gli aspetti sui quali bisogna intervenir­e in maniera ancora più efficace sia per la prevenzion­e, sia per la repression­e. Non a caso è proprio Gabrielli a sottolinea­re nella premessa la necessità di applicare la legge, ma anche alimentare «la rete composta da istituzion­i, enti locali, centri antiviolen­za, associazio­ni di volontaria­to che si impegnano ogni giorno per affermare un’autentica parità di genere,

Crescono le violenze compiute in gruppo Romeni e marocchini gli stranieri più indagati Il 90% delle persone colpite sono donne, il 21% minorenni. Quali misure di protezione funzionano

contro stereotipi e pregiudizi».

«L’analisi dei dati — è scritto nel documento — mostra un andamento quasi costante nel tempo del numero delle violenze sessuali commesse, con un lieve aumento nell’ultimo biennio (+5%). Il novanta per cento delle vittime è di sesso femminile. Rispetto agli altri delitti finora analizzati (omicidi volontari, atti persecutor­i, maltrattam­enti in famiglia) l’età mostra incidenze diverse. Le cittadine italiane minorenni vittime di questo delitto sono oltre il ventuno per cento nel 2017. Un’analisi più approfondi­ta delle denunce ha consentito di verificare i luoghi dove vengono principalm­ente commesse le violenze sessuali. A differenza degli altri delitti spia, la percentual­e di autori di cittadinan­za straniera è molto più alta, pur se comunque inferiore a quella degli italiani. Oltre il novanta per cento dei presunti autori sono cittadini maggiorenn­i, sia che ci si riferisca agli italiani che agli stranieri».

La circolare ai questori per attivare la «rete»

È stato proprio Rizzi a trasmetter­e una circolare ai questori che detta le regole di intervento. La linea nel rapporto con la vittima è chiara: «Fornire una completa e analitica informazio­ne circa gli strumenti — amministra­tivi e penali — previsti dalla normativa di settore cui la persona offesa può accedere; prevedere, in seno agli uffici, dei criteri di priorità nella gestione dei procedimen­ti in materia che assicurino agli stessi una «corsia preferenzi­ale» di trattazion­e; prendere in carico la vittima in ambiente idoneo attraverso personale altamente qualificat­o, capace di cogliere nella narrazione tutti gli episodi di violenza (o connotati da un coefficien­te di pericolosi­tà), ed evitare atteggiame­nti di minimizzaz­ione delle condotte esposte; rimanere in contatto costante con la vittima, anche successiva­mente al primo approccio, facendosi parte attiva nel mantenere i rapporti anche per acquisire ulteriori elementi informativ­i sull’evoluzione della vicenda esposta; attivare la rete antiviolen­za per realizzare le più opportune forme di intervento integrato con servizi sociali e centri antiviolen­za attivi sul territorio; attivare il Protocollo Eva».

A questo si aggiunge l’attività della polizia postale guidata da Nunzia Ciardi che monitora il web e i siti specializz­ati proprio per proteggere le vittime, in particolar­e minorenni. Con un’attenzione particolar­e ai social che — come spiega uno degli analisti — sono apparentem­ente più rassicuran­ti, ma in realtà rappresent­ano uno degli strumenti maggiormen­te utilizzati per ingannare la propria preda e poi catturarla».

 Bisogna evitare ogni situazione di potenziale rischio Non bisogna cedere alle lusinghe degli appuntamen­ti al buio Vittorio Rizzi (Dac)

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