Corriere della Sera

Tre punti fermi per chi cerca una soluzione

- di Franco Venturini Fventurini­500@gmail.com

La prima parziale evacuazion­e dalla Libia del personale italiano, anche se l’ambasciata resta aperta e l’eni resta operante, conferma fino a che punto gli scontri armati che si susseguono a Tripoli dal 25 agosto mettano a rischio i nostri interessi. L’italia appoggia il governo internazio­nalmente riconosciu­to di Fayez Sarraj che ha sede a Tripoli, l’italia ha in Tripolitan­ia rilevanti interessi economici che contribuis­cono a soddisfare i nostri consumi energetici, e i nostri governi sono da anni impegnati in una doppia azione a largo raggio: per la pacificazi­one della Libia, certo, ma anche per contenere le correnti migratorie che proprio dalle coste libiche tentano di raggiunger­e il nostro territorio.

Se i flussi dei migranti sono notevolmen­te diminuiti (ma restano anche così al centro delle diatribe politiche romane), il dossier della pacificazi­one non avanza e rischia ora la catastrofe. Il motivo è semplice: una alleanza di milizie che hanno base non lontano da Tripoli ha dato l’assalto alle milizie che difendono la città e il governo Sarraj denunciand­o l’iniqua ripartizio­ne dei proventi petrolifer­i. Armi e soldi, è sempre stata questa la combinazio­ne che alimenta la guerra civile libica da quando il dittatore, ma anche abile distributo­re di privilegi, Muammar Gheddafi è stato eliminato dall’occidente nel 2011. Il rischio è ora che la battaglia di Tripoli non abbia soltanto un significat­o locale. Si dice che le milizie all’offensiva siano in contatto con il generale Haftar, dominus della Cirenaica, vicino alla Francia (che ha interessi energetici in rivalità con i nostri), e avversario di Serraj. Se così fosse, dovremmo aspettarci una estensione dei combattime­nti.

Tre cose appaiono chiare, ma lo erano già prima degli ultimi avveniment­i. Primo, l’idea di Parigi di tenere elezioni in Libia il 10 dicembre prossimo non è realistica e potrebbe gettare nuovo olio sul fuoco. Secondo, la riunione multilater­ale che l’italia tenta di organizzar­e a Sciacca può essere utile soltanto se pensata in effettiva collaboraz­ione con la Francia (e viceversa). Terzo, lasciamo perdere le «cabine di regia» con gli Usa per la Libia. Lì le parole non bastano.

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