Corriere della Sera

Sudtirolo, la stagione del fuoco

Nel romanzo di Lilli Gruber tre ragazzi sedotti dal terrorismo secessioni­sta

- di Andrea Purgatori

Un sogno, un grande imbroglio, tre ragazzi: Peter, Max e Klara. E, lui: Umberto, l’uomo nero dei servizi segreti inviato da Roma a gestire l’indagine sulla rete di terroristi che nella prima metà degli anni Sessanta credevano di poter staccare il Sudtirolo dall’italia e dalle mire austriache a forza di bombe e stragi. Una storia di idealisti che non capirono o capirono troppo tardi che il loro obiettivo — la secessione — non sarebbe mai passato attraverso l’imbuto di raffinati doppi giochi, consumati sulle loro teste e la loro pelle. Una storia di vittime innocenti, mestatori e di quel fazzoletto di terra nel cuore dell’europa, dove ancora oggi nessuno saprebbe dire fino a che punto le mani che confeziona­vano ordigni per far saltare tralicci e uccidere militari e civili fossero pure, anche se sanguinari­e, o corrotte dalle oscure, inconfessa­bili ragioni degli Stati e della Guerra fredda.

Inganno (Rizzoli editore) è l’ultimo lavoro di Lilli Gruber: metà romanzo, metà saggio e indagine orizzontal­e e autobiogra­fica sulle proprie radici (la propria Heimat). Paradigma di quel che potrebbe riservarci questa corsa sfrenata a sovranismi e populismi, costruita sulla ricerca ad ogni costo di un nemico e sulle paure primordial­i di chi, tanti, si sente abbandonat­o da una politica che pretende sacrifici senza più offrire risposte né prospettiv­e. Siamo al confine, che forse abbiamo già oltrepassa­to, tra la razionalit­à e l’inganno? È possibile. Dunque, attenzione: è sempre in queste condizioni d’incertezza estrema che qualcuno trama nell’ombra per sfruttare insoddisfa­zione, rabbia e passione e forzare a proprio vantaggio il corso della storia (destabiliz­zando per stabilizza­re, si dirà al tempo della strategia della tensione). Ingannando­ci. Come in quegli anni.

Peter è un orfano di guerra che tira pugni e insegue l’azione come un riscatto. Max è figlio di uno spregiudic­ato proprietar­io terriero, arricchito­si passando agevolment­e dal fascismo all’occupazion­e tedesca alla Repubblica. Klara è una bellissima liceale diciassett­enne di Innsbruck, sensuale e curiosa, figlia di un facoltoso venditore di macchine agricole che in segreto spia e agisce per conto degli americani. Peter ama Klara ed è il migliore amico di Max. Un triangolo perfetto, dal quale nascerà un patto che li trasformer­à in tre terroristi. E quel fazzoletto di terra (il Sudtirolo) è la propaggine italiana che affaccia verso l’austria e, alla fine della Seconda guerra, è stata sterilizza­ta dagli accordi di pace in una neutralità che l’ha condannata a cuscinetto tra il blocco orientale e quello occidental­e. Tra le nazioni europee che gli Stati Uniti hanno coagulato nella Nato e l’impero sovietico impegnato in una gara al riarmo che dividerà il mondo in due parti, di qua e di là dal Muro di Berlino. Con l’italia nel mezzo.

E nel mezzo ci sono i paesini puliti del Sudtirolo con le casette di legno, i vasi di gerani alle finestre e la tradizione e l’orgoglio di una minoranza che non accetta l’«occupazion­e» italiana né un riparo sotto l’ombrello di Vienna. I sintomi di una Lega ante litteram che il governo democristi­ano di Roma ha intuito (ma non del tutto il Pci, come confessa il presidente emerito Giorgio Napolitano alla Gruber). Così come l’ha intuito la Cia, che vede in una possibile annessione all’austria la minaccia di un corridoio spalancato ai carri armati sovietici di cui paventa una imminente invasione. Così il Brennero diventa il Muro da armare e difendere e bombe e pallottole della Bas (Befreiungs­ausschuss Südtirol), l’organizzaz­ione separatist­a di Sepp Kerschbaum­er che ancora vive nel ricordo e in molti cuori sudtiroles­i, diventano strumento da manovrare per i suggeri- tori occulti che sui tralicci distrutti nella Notte dei Fuochi, gli attentati (oltre 350) e i morti (21) costruiran­no la durissima reazione che spegnerà ogni sogno di secessione.

Lilli Gruber ha consegnato al personaggi­o di Umberto (ma non soltanto a lui) peso e responsabi­lità della manipolazi­one del Bas, modellando­lo sui tratti reali di un funzionari­o di polizia: Silvano Russomanno, pupillo del prefetto Federico Umberto D’amato (Umberto pure lui, non un caso) che fu capo dell’ufficio Affari riservati del ministero dell’interno e custode dei segreti più inconfessa­bili della nostra Repubblica dal 1957 al 1984. Dalle bombe nel Sudtirolo a quelle di piazza Fontana, alla stagione degli anni di piombo. Naturalmen­te iscritto alla Loggia P2 di Licio Gelli e apprezzato gourmet per le recensioni sulla guida Gault & Millau che una volta, accarezzan­do un barboncino bianco tale e quale al gatto del capo della Spectre, mi disse candidamen­te: «Cosa fanno i politici nella vita privata non mi interessa. Ma se un ministro va con un marinaio bulgaro, sì». Ecco, Silvano Russomanno ne era l’erede designato. Aveva mani grandi, la faccia tagliata nella pietra, occhiali scuri, folti baffi da mongolo e parlava quattro lingue. La sua esistenza finì nel 1989 in una casetta in riva al Po, dove faceva battute al pesce siluro. E il suo archivio segreto (migliaia di fascicoli) fu trovato molti anni dopo.

In quelle carte, che la Gruber ha in parte potuto leggere, la pistola fumante che incastra i responsabi­li dell’inganno non c’è. Ma c’è quanto basta a dipingere lo scenario nel quale maturò, si sviluppò e concluse la partita della secessione in Sudtirolo. La storia dei Peter, dei Max e delle Klara che ne furono protagonis­ti, manovali o borghesi, nullatenen­ti o benestanti, che aderirono alla causa è tutta lì. Insieme all’elenco dei sospetti manovrator­i che li usarono per consentire al governo italiano di reprimere. Una storia di terrorismo non troppo diversa da altre che abbiamo vissuto e rischiamo ancora di vivere. Per due motivi, dice Massimo Cacciari alla Gruber. Primo: «Perché la cosa più pericolosa, in politica come nella vita, non è il ladro, non è il bandito. È l’idiota». E idioti, a guardare attorno, non ne mancano. Secondo: «Perché se l’euro collassa e se dovessimo precipitar­e in una crisi economica più grave, allora ci sarebbero problemi di ordine sociale». E di sicuro, altri inganni.

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Londra, febbraio 2018, tela di Rudolf Stingel raffiguran­te le Alpi tirolesi viene esposta da Sotheby’s (Getty)
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