Cairo e l’anniversario «In granata ho fatto 13 e andremo lontano Siamo una risorsa»
TORINO «Imparerai a tue spese che nel lungo tragitto della vita incontrerai tante maschere e pochi volti». Da 13 anni il volto del presidente del Torino è quello di Urbano Cairo, editore, proprietà accertata, italiana, senza maschere. E qui, allora, si racconta di Luigi Pirandello e della telefonata di un avvocato di Asti, «Gianni Trombetta», non Paolo Conte. «Due giorni dopo, il 12 agosto, mi chiamò il sindaco di Torino, Sergio Chiamparino». C’è l’incontro a Ferragosto con il primo allenatore, Gianni De Biasi, «si tolga gli scarponi, lasci le Dolomiti e venga subito a trovarmi a Forte dei Marmi, abbiamo parecchie cose da fare, presto e bene». Ci sono i sogni, «senza di loro nulla accade», però non vanno rivelati, «altrimenti si depotenziano». Ci sono la famiglia, le gioie, i dolori, le vittorie e gli errori, «che servono sempre, per imparare, ripartire e non mollare, mai».
Cairo va come al solito alla partita, ma quello che si chiude con Toro-spal non è un giorno come tutti gli altri. «Sono 13 anni esatti. Era il 2 settembre 2005 quando diventai presidente del Torino, subito un aumento di capitale da 10 milioni, altri 15 di fideiussioni per garantire gli
Quattro volte negli ultimi 5 anni, abbiamo chiuso nella parte sinistra della classifica. Ora abbiamo un allenatore che è una garanzia
stipendi dei giocatori in un club appena fallito, 7 giorni di campagna acquisti a mercato chiuso e 10 calciatori comprati. Sono passati 13 anni, per continuità dicono sia il secondo più longevo nella storia del club, dopo Pianelli che lo guidò dal 1963 all’82, ma erano anche altri tempi». Questo è il