Rendimenti dei titoli Chi ci rimette davvero
pugnalare alle spalle gli italiani», precisa l’altro. Matteo Salvini e Luigi Di Maio, leader di Lega e M5S e vicepremier, hanno mantenuto dall’inizio un messaggio coerente: attuare il contratto firmato fra loro due a maggio scorso conta più che rassicurare gli investitori, assecondare il resto dell’area euro o impressionare le agenzie di rating che valutano la solidità di un debitore da 2.300 miliardi come lo Stato italiano. Per i due vicepremier gli interessi delle persone comuni, soprattutto le più umili, vengono prima soprattutto di quelli delle banche e dei mercati finanziari.
È presto per giudicare come lui e Salvini siano passati dalle parole ai fatti perché non c’è ancora una legge di Stabilità, mentre in quasi cento giorni i provvedimenti del governo sono stati pochi. Eppure qualcosa è successo, perché ieri i titoli italiani a dieci anni presentavano uno più elevate: catturerà parte di quei sei miliardi di costo supplementare per il bilancio pubblico stimati da Cottarelli. L’ultima Indagine della Banca d’italia mostra infatti che solo il 20% più ricco degli italiani ha quote sostanziali di patrimonio sotto forma di ricchezza finanziaria (per gli altri prevalgono gli immobili). E solo il 30% più ricco investe almeno un decimo di queste somme direttamente in titoli di Stato; in parte lo fa poi anche attraverso fondi gestiti. In base agli equilibri attuali, quasi un quarto dei nuovi titoli e un quarto di quei sei miliardi in più dovrebbe andare a loro. Pochissimo andrà invece al 30% di famiglie che possiede di meno, non solo perché appunto possiede di meno — la ricchezza netta per abitante nel quindicesimo «ventile» è appena di 11 mila euro — ma perché la quota di risparmio finanziario investibile non supera il 3%. I titoli a cedola più alta li comprano invece banche e assicurazioni (oltre un quarto) e appunto investitori esteri (poco meno di un terzo).
Resta da capire chi paga questi creditori con le proprie tasse, ed è qui che gli italiani con redditi medio-bassi entrano in scena. Praticamente metà dei contribuenti è compresa in redditi fra i 12 mila e i 26 mila euro e versano ogni anno 38 miliardi in Irpef netta. È da lì che parte delle loro tasse saliranno sotto forma di cedole verso i ceti più alti, verso le banche e gli investitori esteri.