Corriere della Sera

Rendimenti dei titoli Chi ci rimette davvero

- di Federico Fubini

pugnalare alle spalle gli italiani», precisa l’altro. Matteo Salvini e Luigi Di Maio, leader di Lega e M5S e vicepremie­r, hanno mantenuto dall’inizio un messaggio coerente: attuare il contratto firmato fra loro due a maggio scorso conta più che rassicurar­e gli investitor­i, assecondar­e il resto dell’area euro o impression­are le agenzie di rating che valutano la solidità di un debitore da 2.300 miliardi come lo Stato italiano. Per i due vicepremie­r gli interessi delle persone comuni, soprattutt­o le più umili, vengono prima soprattutt­o di quelli delle banche e dei mercati finanziari.

È presto per giudicare come lui e Salvini siano passati dalle parole ai fatti perché non c’è ancora una legge di Stabilità, mentre in quasi cento giorni i provvedime­nti del governo sono stati pochi. Eppure qualcosa è successo, perché ieri i titoli italiani a dieci anni presentava­no uno più elevate: catturerà parte di quei sei miliardi di costo supplement­are per il bilancio pubblico stimati da Cottarelli. L’ultima Indagine della Banca d’italia mostra infatti che solo il 20% più ricco degli italiani ha quote sostanzial­i di patrimonio sotto forma di ricchezza finanziari­a (per gli altri prevalgono gli immobili). E solo il 30% più ricco investe almeno un decimo di queste somme direttamen­te in titoli di Stato; in parte lo fa poi anche attraverso fondi gestiti. In base agli equilibri attuali, quasi un quarto dei nuovi titoli e un quarto di quei sei miliardi in più dovrebbe andare a loro. Pochissimo andrà invece al 30% di famiglie che possiede di meno, non solo perché appunto possiede di meno — la ricchezza netta per abitante nel quindicesi­mo «ventile» è appena di 11 mila euro — ma perché la quota di risparmio finanziari­o investibil­e non supera il 3%. I titoli a cedola più alta li comprano invece banche e assicurazi­oni (oltre un quarto) e appunto investitor­i esteri (poco meno di un terzo).

Resta da capire chi paga questi creditori con le proprie tasse, ed è qui che gli italiani con redditi medio-bassi entrano in scena. Praticamen­te metà dei contribuen­ti è compresa in redditi fra i 12 mila e i 26 mila euro e versano ogni anno 38 miliardi in Irpef netta. È da lì che parte delle loro tasse saliranno sotto forma di cedole verso i ceti più alti, verso le banche e gli investitor­i esteri.

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