Roma accusa: è colpa di Parigi
Salvini e Fico concordi negli attacchi alla Francia. Trenta (Difesa): «Non manderemo soldati». Rinviato il referendum sulla Costituzione
Rimane violento e incerto lo scenario di Tripoli. Mentre Roma continua ad accusare Parigi di essere parte in causa con il fronte dell’uomo forte della Cirenaica, quello stesso Khalifa Haftar che in modo diretto o indiretto sostiene le milizie impegnate a rompere lo status quo nella capitale e scalzare il governo di unità nazionale di Fayez Sarraj, appoggiato dall’italia in assonanza con le scelte delle Nazioni Unite sin dall’insediamento a Tripoli nell’aprile 2016. Ieri il ministro degli Esteri italiano Enzo Moavero Milanesi ha avuto un colloquio telefonico con l’inviato speciale delle Nazioni Unite Ghassan Salameh e ha ribadito l’intenzione di tenere una conferenza internazionale sulla Libia a Roma in autunno.
Per contro l’italia nega di voler lanciare alcuna iniziativa militare. Dopo aver chiarito che non ci sarà alcuna «task force», il ministro della Difesa Elisabetta Trenta ha voluto aggiungere che è «compito dei libici proteggere se stessi e trovare un accordo». Il tema Libia ha per una volta messo assieme il presidente pentastellato della Camera, Roberto Fico, e il ministro degli Interni leghista, Matteo Salvini, i quali quasi con le stesse espressioni hanno imputato alla Francia non solo le responsabilità storiche del caos libico — a causa del suo attivismo militare in prima linea per la defenestrazione del Colonnello Gheddafi 7 anni fa — ma soprattutto quelle delle violenze negli ultimi giorni. «La Libia non è un porto sicuro per i migranti? Chiedetelo a Parigi», ha replicato Salvini ai giornalisti che gli chiedevano chiarimenti sulle sue recenti dichiarazioni in merito.
Sul terreno c’è da registrare le difficoltà crescenti per il piano del presidente francese Macron di indire elezioni in Libia entro il 10 dicembre. Il 16 settembre avrebbe dovuto infatti tenersi il referendum sulla nuova carta costituzionale. Un passo ritenuto fondamentale per elaborare le «regole del gioco». Ma al momento nessun documento è stato ancora presentato dalla costituente. E soprattutto ieri anche gli esponenti del governo di Tobruk sono stati d’accordo nel rinviare il referendum di «almeno una settimana». Da tempo l’italia specifica che, sebbene le elezioni siano un passaggio centrale, occorre che la carta costituzionale venga elaborata con calma e vi sia una sorta di normalizzazione interna.
Ieri a Tripoli i combattimenti si sono un poco affievoliti. Ma i motivi di scontro restano. Dopo acute polemiche interne, alcune milizie di Misurata hanno inviato un contingente in sostegno di Sarraj a Tripoli. Sino a due giorni fa era stato proprio il mancato aiuto di Misurata a favorire l’offensiva verso il centro della capitale lanciata l’ultima settimana di agosto dalla Settima Brigata di Tarhouna, legata ad Haftar. Gli uomini di Misurata si sono subito diretti nella zona dell’aeroporto di Mitiga. La mossa dei guerriglieri di Misurata ha in qualche modo calmato i timori della popolazione. Il ruolo fondamentale di Misurata, che di fatto salva militarmente Sarraj, torna per contro a rendere difficile la pacificazione con l’est del Paese, così come auspicato dall’onu. Molti dai massimi esponenti di Misurata sono infatti assolutamente contrari a qualsiasi compromesso con Haftar e combattono con forza ogni elemento che ricordi Gheddafi. Ma nuove incertezze
Posizionamenti Sarraj ha incassato il sostegno degli uomini di Misurata. Ma anche Haftar trova rinforzi
per il governo Sarraj sono cresciute in serata, quando è stato chiaro che le milizie della cittadina di Zintan, giunte a Tripoli con le stesse finalità di quelle di Misurata, sono invece schierate nel campo di Haftar. Già un anno fa gli emissari di Bengasi e Tobruk erano riusciti a tessere relazioni forti con gli uomini di Zintan. Tanto che lo stesso Haftar parlava apertamente di prendere Tripoli col loro aiuto.