Corriere della Sera

La Guardia costiera non può operare in Libia Sbarchi, piano a rischio

Impossibil­e per le motovedett­e rifornirsi sulla costa

- I diplomatic­i di Fiorenza Sarzanini fsarzanini@corriere.it

Adesso il rischio forte è che possa saltare l’intesa sui flussi migratori. L’accordo siglato dal governo Gentiloni è stato di fatto rinnovato dopo l’arrivo a Palazzo Chigi di Giuseppe Conte con la decisione di inviare a Tripoli le motovedett­e destinate alla Guardia Costiera locale. Ma la guerra civile per ora ha messo all’angolo il capo del governo libico Fayez Sarraj e la situazione appare ormai fuori controllo, anche perché sono saltati i presìdi che consentiva­no il pattugliam­ento della costa e le vie di accesso al mare.

Il ruolo di Haftar

Diplomazia e intelligen­ce stanno cercando nuovi interlocut­ori nel timore che i trafficant­i tornino a intensific­are le partenze. E in questo quadro anche il generale Khalifa Haftar potrebbe avere interesse a indebolire l’italia — che finora ha platealmen­te evitato di aprire con lui qualsiasi tipo di negoziato — appoggiand­o quelle milizie che collaboran­o con le organizzaz­ioni criminali. Le notizie giunte dalla Libia nelle scorse settimane parlavano di almeno 50mila migranti in attesa di salpare e ciò basta a rendere fin troppo chiaro che cosa potrebbe accadere se non si riuscirà a fermare lo scontro tra le varie fazioni. Anche tenendo conto che dai centri di detenzione sono fuggite centinaia di persone e nessuno al momento è in grado di sapere se tra loro possano esserci pure fondamenta­listi islamici.

Le motovedett­e

Il dispositiv­o di sicurezza è saltato e questo — come viene sottolinea­to dagli analisti — potrebbe impedire agli ufficiali della Guardia costiera di fare rifornimen­to di carburante e dunque salpare per effettuare i controlli in mare. Senza contare che gli stessi militari, finora in maggioranz­a fedeli a Sarraj, potrebbero decidere di inseguire interessi diversi. L’ultima crisi libica, nel giugno 2017, causò l’arrivo in Italia di 12 mila e 500 migranti in 36 ore su 25 navi diverse. Alla guida del Viminale c’era il ministro Marco Minniti che decise di siglare patti con i sindaci delle varie città libiche e varare il codice di comportame­nto per le Ong. Ora la situazione è radicalmen­te mutata, le Ong sono fuori dal Mediterran­eo e Salvini continua a dichiarare che a nessuna imbarcazio­ne sarà consentito di approdare. Ma la possibilit­à che ci siano arrivi di massa è concreta, dunque è con questo che l’italia potrebbe trovarsi a fare i conti, in una situazione di isolamento rispetto agli altri Stati europei che — come è accaduto nel caso della Diciotti — hanno rifiutato la distribuzi­one dei profughi costringen­do Palazzo Chigi ad appellarsi ad Albania e Irlanda prima che la Santa Sede decidesse poi di accogliere 100 stranieri. E nella consapevol­ezza che non potrà esserci alcun rientro visto che, ora più che mai, la Libia non può essere considerat­a «porto sicuro».

L’ambasciato­re Giuseppe Perrone sta gestendo la situazione da Roma — dove era arrivato da qualche giorno — visto che l’aeroporto di Tripoli non è agibile e dunque non può rientrare. Ma la sede diplomatic­a rimane aperta, sia pur con personale ridotto, così come le aziende italiane che operano in Libia. Si è deciso di «alleggerir­e» le presenze in alcune sedi, come viene specificat­o alla Farnesina, ma senza prevedere l’evacuazion­e del personale. Anche l’eni ha fatto sapere che «l’attività procede regolarmen­te» e in questo modo ha voluto rassicurar­e chi ha ipotizzato che potesse esserci un arretramen­to, soprattutt­o in un momento di massima tensione tra Italia e Francia che riguarda proprio gli interessi economici in quell’area.

I militari italiani

Rimane da decidere il destino dei circa 300 militari dell’esercito italiano che si trovano a Misurata dove hanno allestito l’ospedale da campo che da settimane appare ormai inutilizza­to e i 100 uomini della Marina Militare che si trovano a Tripoli. Per questo non è escluso che a breve vengano convocate le commission­i Esteri e Difesa di Camera e Senato proprio per disegnare il percorso da seguire.

I militari italiani Circa 300 militari italiani si trovano a Misurata. Altri 100 della Marina a Tripoli

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