Corriere della Sera

Chi paga per lo spread?

L’aumento degli interessi che lo Stato versa sul debito trasferisc­e ricchezza ai creditori esteri e agli italiani con maggiori risparmi che investono in titoli pubblici. I ceti più deboli finanziano le cedole con le tasse

- di Federico Fubini

Quando sale, tutti iniziano a parlare dello spread: tecnicamen­te è lo scarto nei rendimenti dei titoli di Stato a dieci anni rispetto ai loro pari tedeschi. Cresce quando la percezione del rischio di prestare all’italia aumenta e i creditori chiedono di essere compensati meglio per investire di più. Questo fenomeno però lo si può chiamare anche in altri modi, se si guarda alla sostanza di ciò che è. Lo si può chiamare trasferime­nto di ricchezza da chi guadagna meno a chi possiede di più. Lo si può chiamare versamento, senza ritorno, da parte di chi vive in Italia con redditi medio-bassi a banche e assicurazi­oni. Lo si può descrivere come una spedizione di ulteriore denaro da parte degli italiani, inclusi i meno abbienti, a migliaia di investitor­i stranieri tutt’altro che bisognosi di carità. Così lo spread è Robin Hood alla rovescia — toglie ai poveri, dà ai ricchi (anche) stranieri — in un Paese nel quale abbonda la retorica, se non la pratica, da Robin Hood veri e propri.

Le promesse e la realtà

Prima gli italiani, dice l’uno. «Non possiamo stare dietro alle agenzie di rating ma poi spread su quelli portoghesi pari a quello che avevano sui titoli tedeschi appena quattro mesi fa. Il costo di indebitars­i è aumentato. Le cedole che il governo deve offrire per emettere nuovi titoli di Stato su tutte le scadenze — deve farlo per circa 400 miliardi l’anno — sono più alte. L’osservator­io sui conti pubblici creato da Carlo Cottarelli all’università Cattolica di Milano stima che, se nulla cambia, tutto ciò costerà al bilancio pubblico sei miliardi in più: uno quest’anno e cinque nel 2019.

Robin Hood alla rovescia

Il mondo politico naturalmen­te si divide sui rischi e l’opportunit­à di creare più deficit. Ciò che fatica a entrare nel linguaggio del governo e dell’opposizion­e sono però le conseguenz­e dello spread per chi guadagna poco e chi ha grandi patrimoni: è una redistribu­zione dal basso all’alto e dall’interno verso l’estero; insomma è l’opposto esatto del programma di governo e accade per effetto delle dichiarazi­oni del governo stesso. La banca dati dell’archivio storico dell’indagine sui bilanci delle famiglie della Banca d’italia mostra infatti che gli italiani sono grandi risparmiat­ori, ma con differenze fra loro. Queste emergono se si dividono gli abitanti del Paese in venti gruppi, o ventili: da quello con il patrimonio medio più alto a quello con meno risparmi. Nel 2016 per esempio la ricchezza netta media nel gruppo più ricco era di 448 mila euro a persona, di cui oltre la metà sotto forma di risparmio puramente finanziari­o. I quattro «ventili» superiori, circa il 22% della popolazion­e italiana, controllav­ano il 61% del risparmio di tutte le famiglie.

Questa élite patrimonia­le con ogni probabilit­à è la parte di popolazion­e italiana che potrà investire di più in titoli di Stato di nuova emissione e beneficerà dunque delle cedole

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