Chi paga per lo spread?
L’aumento degli interessi che lo Stato versa sul debito trasferisce ricchezza ai creditori esteri e agli italiani con maggiori risparmi che investono in titoli pubblici. I ceti più deboli finanziano le cedole con le tasse
Quando sale, tutti iniziano a parlare dello spread: tecnicamente è lo scarto nei rendimenti dei titoli di Stato a dieci anni rispetto ai loro pari tedeschi. Cresce quando la percezione del rischio di prestare all’italia aumenta e i creditori chiedono di essere compensati meglio per investire di più. Questo fenomeno però lo si può chiamare anche in altri modi, se si guarda alla sostanza di ciò che è. Lo si può chiamare trasferimento di ricchezza da chi guadagna meno a chi possiede di più. Lo si può chiamare versamento, senza ritorno, da parte di chi vive in Italia con redditi medio-bassi a banche e assicurazioni. Lo si può descrivere come una spedizione di ulteriore denaro da parte degli italiani, inclusi i meno abbienti, a migliaia di investitori stranieri tutt’altro che bisognosi di carità. Così lo spread è Robin Hood alla rovescia — toglie ai poveri, dà ai ricchi (anche) stranieri — in un Paese nel quale abbonda la retorica, se non la pratica, da Robin Hood veri e propri.
Le promesse e la realtà
Prima gli italiani, dice l’uno. «Non possiamo stare dietro alle agenzie di rating ma poi spread su quelli portoghesi pari a quello che avevano sui titoli tedeschi appena quattro mesi fa. Il costo di indebitarsi è aumentato. Le cedole che il governo deve offrire per emettere nuovi titoli di Stato su tutte le scadenze — deve farlo per circa 400 miliardi l’anno — sono più alte. L’osservatorio sui conti pubblici creato da Carlo Cottarelli all’università Cattolica di Milano stima che, se nulla cambia, tutto ciò costerà al bilancio pubblico sei miliardi in più: uno quest’anno e cinque nel 2019.
Robin Hood alla rovescia
Il mondo politico naturalmente si divide sui rischi e l’opportunità di creare più deficit. Ciò che fatica a entrare nel linguaggio del governo e dell’opposizione sono però le conseguenze dello spread per chi guadagna poco e chi ha grandi patrimoni: è una redistribuzione dal basso all’alto e dall’interno verso l’estero; insomma è l’opposto esatto del programma di governo e accade per effetto delle dichiarazioni del governo stesso. La banca dati dell’archivio storico dell’indagine sui bilanci delle famiglie della Banca d’italia mostra infatti che gli italiani sono grandi risparmiatori, ma con differenze fra loro. Queste emergono se si dividono gli abitanti del Paese in venti gruppi, o ventili: da quello con il patrimonio medio più alto a quello con meno risparmi. Nel 2016 per esempio la ricchezza netta media nel gruppo più ricco era di 448 mila euro a persona, di cui oltre la metà sotto forma di risparmio puramente finanziario. I quattro «ventili» superiori, circa il 22% della popolazione italiana, controllavano il 61% del risparmio di tutte le famiglie.
Questa élite patrimoniale con ogni probabilità è la parte di popolazione italiana che potrà investire di più in titoli di Stato di nuova emissione e beneficerà dunque delle cedole