Fico conquista la festa del Pd E attacca l’alleato leghista: il M5S non andrà troppo in là
Applausi e abbracci. «No alla pancia. Immigrati, il limite è il contratto»
RAVENNA «Se mi sono portato la claque? Ma scherza? Non l’ho mai fatto in vita mia, è una cosa fuori dalla mia portata intellettiva...». Il confronto con Graziano Delrio è appena finito e Roberto Fico si libera (a fatica) dai selfie, dai baci e dagli abbracci per offrire una birra ai suoi sostenitori: «Io sono contento se i militanti del Pd sono felici di avere il presidente della Camera qui». L’accoglienza per la terza carica dello Stato, primo dirigente del M5S a una Festa nazionale dell’unità, va ben oltre il rispetto istituzionale e di certo interroga i vertici di un Pd alla disperata ricerca di un leader.
«Presidente io la stimo davvero tanto», gli porge la mano un volontario della Protezione civile, iscritto ai Giovani democratici. E il signor Carlo Fabri, 80 anni e «un viaggio premio in Russia avuto da Berlinguer» gli va incontro sotto al palco commosso: «È proprio bravo, lei». Erano 15 anni che Fico non prendeva parte a una Festa dell’unità e la rentrée davanti a 800 persone è un evento mediatico. Il battimani è fragoroso e anche se le prime tre file sono occupate da simpatizzanti e consiglieri del Movimento, la sintonia con la base dem è forte. Ma se i militanti rimpiangono il mancato accordo di governo tra M5S e Pd, Delrio ne parla come di «un compagno che sbaglia» e non si fa illusioni su alleanze future con l’ala di lotta e di governo che fa capo a Fico: «Ha sensibilità e rappresenta un’anima diversa, ma oggi tra noi le distanze sono enormi e non si colmano con una stretta di mano».
Eppure, a parte qualche contestazione sulla scelta di governare con la Lega, ogni risposta del presidente alle domande di Marco Damilano è accolta dall’entusiasmo della platea. La nave Diciotti? «Lo dico senza remore, tutti i migranti dovevano scendere il primo giorno, non si doveva aspettare tutto questo tempo». Applausi. «I centri di detenzione in Libia sono veri e propri lager e io non tollero che su queste persone si parli con la pancia». Ancora applausi e via così, quando Fico invoca la modifica del trattato di Dublino «in una linea che metta in minoranza i Paesi di Visegrad» e quando sostiene i corridoi umanitari. Ed è nella sfida al leader della Lega che la coincidenza di amorosi sensi con il popolo dem raggiunge l’apice. «A me non frega niente di rispondere a Salvini, dico quello che penso», alza il tono della voce Fico. E il pubblico, in coro: «Bravo!». Nel tendere la mano all’elettorato dem, Fico parla ai cinquestelle. Ricorda con slancio gli esordi della sua militanza e sottolinea di aver fondato il Movimento dopo aver bussato più volte (invano) alle porte del Pd, con la petizione sull’acqua pubblica o la lotta contro le discariche. È un richiamo al M5S delle origini, che a molti appare venato di nostalgia: la conferma che Fico ritiene Luigi Di Maio troppo schiacciato su Salvini. «Perché governi con la Lega?», gli gridano dal fondo. E lui, come a delineare un’intesa dal fiato
Con i militanti «Non venivo a una festa dell’unità da 15 anni. Mi fa piacere che siano felici di avermi»
corto: «È un contratto, non un’alleanza. Conosco il mio Movimento e so che troppo al di là del contratto non si potrà muovere». E i 49 milioni di rimborsi? «La Lega dovrà rispettare la sentenza, come tutti». Le ultime immagini vedono Fico tra gli stand, dove incassa l’affetto dei volontari come un tempo Bersani, o Renzi. Un videomaker gli chiede se i suoi elettori non siano in imbarazzo per l’accordo con la Lega e il presidente, evidentemente spiazzato, tace: «Non ti rispondo, di questo ho già parlato dal palco».