Corriere della Sera

Sahra dà la rotta a sinistra «I governi devono fare ciò che vuole il popolo»

Nasce Aufstehen! Una sfida (alla socialdemo­crazia) oltre Berlino

- Dalla nostra inviata a Berlino Elena Tebano

«L a sinistra deve tornare a impegnarsi per una politica sociale, non rappresent­a più gli interessi del popolo». Studiosa marxista, figlia di un iraniano desapareci­do e di una tedesca, cresciuta nella ex Ddr, Sahra Wagenknech­t, 49 anni, da tempo nella Linke, la sinistra radicale, è uno dei politici più carismatic­i della scena tedesca. Oggi a Berlino lancia Aufstehen!, «In Piedi!», un movimento che vuole andare oltre i partiti (anche il suo) e offrire una risposta di sinistra ai populismi.

Dottoressa Wagenknech­t, cosa può ottenere un movimento più dei partiti?

«C’è un divario crescente tra ciò che vuole la maggior parte delle persone e ciò che fa il governo. La società tedesca è in maggioranz­a favorevole a un aumento degli stipendi e delle pensioni e a tasse adeguate per i grandi gruppi industrial­i. Ma il governo non fa quello che vuole il popolo. Sempre più persone perdono fiducia nella politica. Con Aufstehen! vogliamo tornare a interessar­e alla politica chi si è allontanat­o dai partiti per la frustrazio­ne o vota AFD per protesta, anche se non rappresent­a davvero i suoi interessi».

Vede possibili alleati in Europa e in Italia?

«In tutta l’europa i partiti di destra crescono in modo preoccupan­te, in Italia sono addirittur­a al governo. Abbiamo bisogno di un approccio movimentis­ta. Sono contenta se succede anche in Italia».

I partiti populisti oggi sono molto forti: pensa che alle prossime elezioni europee la sinistra si possa rafforzare grazie al suo movimento?

«È il mio obiettivo. Se grazie alla pressione di un movimento extraparla­mentare i partiti di sinistra tornano di nuovo a impegnarsi in modo credibile per una svolta sociale, allora si rafforzera­nno».

Da cosa deriva l’attuale crisi della socialdemo­crazia?

«Si è resa superflua perché rappresent­a sempre meno gli interessi della popolazion­e e ormai si distingue a malapena dai conservato­ri. In Germania

lo smantellam­ento dello Stato sociale è iniziato con il governo socialdemo­cratico, una tendenza che si è solidifica­ta con la Grande Coalizione e che è stata venduta come “riforme”. Il sussidio di disoccupaz­ione è stato smantellat­o, la liberalizz­azione del mercato del lavoro ha aumentato quello precario e interinale, l’innalzamen­to dell’età della pensione è diventato per molti la strada verso una vecchiaia in povertà – tutto ciò è stato fatto da governi in cui c’era la Spd. La conseguenz­a è che la Spd si è incollata ai conservato­ri. Nella scorsa legislatur­a in Germania c’era ancora una maggioranz­a per Spd, Linke e Verdi. Invece di usarla per una nuova politica sociale, la Spd si è venduta ad Angela Merkel. È per questo che la destra è potuta diventare così forte».

Il salario minimo introdotto dall’attuale leader Spd Andrea Nahles non è un tentativo di invertire tale tendenza?

«Che finalmente sia stato introdotto un salario minimo è anche un successo della Linke, visto che abbiamo fatto pressione per anni in questo senso. E ovviamente è un bene che ci sia il salario minimo, anche se è così basso che non protegge dalla povertà, soprattutt­o in vecchiaia. Ma a parte ciò, dato che dal 2015 non c’è stato nessun altro tentativo da parte della Spd di revocare le cosiddette riforme del mercato del lavoro, rimane un misura insufficie­nte e isolata. Un’inversione di tendenza è un’altra cosa».

Lei si è opposta alla legge sull’immigrazio­ne.

«Dobbiamo distinguer­e tra diritto all’asilo e migrazione economica. Il diritto all’asilo va difeso. Per l’immigrazio­ne economica la questione è più complicata. Il dibattito sull’aprire i confini è una carta da giocare per chi vuole forza lavoro istruita a buon mercato – cioè per le grandi imprese. Non è un caso che le associazio­ni industrial­i cantino l’inno dell’immigrazio­ne. Nessuno crede davvero che lo facciano per motivi umanitari. Si tratta di spietati interessi economici. Ma non può essere – e di sicuro non è una politica di sinistra – che i Paesi ricchi non formino abbastanza tecnici specializz­ati e invece li sottraggan­o ai Paesi poveri. Dove così vengono a mancare. La discussion­e sui migranti economici però non riguarda i rifugiati».

Perché l’afd ottiene così tanti consensi all’est?

«L’aumento dei voti di AFD riguarda tutta la Germania. Inoltre le attuali differenze tra i Länder orientali e occidental­i hanno più motivi. I nodi chiave sono: un minor legame con i partiti tradiziona­li rispetto all’ovest, minori esperienze di integrazio­ne per il fatto che hanno avuto pochi immigrati e una frustrazio­ne maggiore dovuta al vissuto negativo della Riunificaz­ione, come anche la sensazione sempre presente di essere trattati come cittadini di seconda classe».

Non è una contraddiz­ione che una parlamenta­re lanci via Internet un movimento «dal basso»?

«Non è decisivo chi dà la spinta iniziale. Ma chi entra a farne parte. Sarò contenta quando queste persone creeranno una rete, si troveranno sul territorio e daranno vita a campagne concrete. Come dice il nostro nome: si tratta di far alzare in piedi le persone per un’altra politica».

L’immigrazio­ne economica? Un vantaggio per le grandi imprese. Non è una politica di sinistra che i Paesi ricchi non formino tecnici specializz­ati e li sottraggan­o ai Paesi poveri

La socialdemo­crazia si è resa superflua perché si distingue a malapena dai conservato­ri. Serve la pressione dei movimenti extraparla­mentari per una nuova svolta sociale

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In Parlamento Sahra Wagenknech­t, 49 anni, durante una seduta del Bundestag a Berlino il 18 aprile scorso (Epa)

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