Molestie e stupri tra bambini rifugiati La Germania non esce dall’incubo
Otto anni all’afghano che uccise la fidanzatina perché lo lasciò. Il caso degli abusi a scuola
BERLINO Otto anni e sei mesi: meno dei dieci chiesti dell’accusa, più dei sette e mezzo proposti dalla difesa. È la condanna pronunciata ieri dal tribunale di Kandel, paese di novemila abitanti in Renaniapalatinato (nel sud-ovest della Germania), nei confronti di Abdul D., il rifugiato afghano che aveva ucciso la sua ex ragazza Mia, di soli 15 anni, tedesca, il 27 dicembre scorso. Il giovane ha accettato la pena rinunciando a fare ricorso.
L’omicidio era diventato un caso politico, perché Abdul D. (il nome completo non è stato reso noto) ha ottenuto l’asilo sostenendo di avere 15 anni. Le verifiche dei periti della Procura hanno però dimostrato che all’epoca del delitto aveva almeno 17 anni e sei mesi, forse 20. Il giovane è stato comunque giudicato in base al diritto minorile. La vicenda però ha suscitato polemiche sui criteri usati per stabilire l’età dei rifugiati. E riacceso la discussione sulla violenza sulle donne da parte dei migranti, dopo il trauma causato nell’opinione pubblica tedesca dalle aggressioni del Capodanno 2016 a Colonia, quando gruppi di criminali di strada stranieri, rimasti impuniti, hanno palpeggiato migliaia di ragazze durante la festa in piazza per l’anno nuovo.
Nel processo è emerso anche che la vittima si era rivolta alla polizia e 12 giorni prima dell’omicidio aveva denunciato l’ex ragazzo per molestie, intimidazioni e minacce. Denuncia poi ripetuta anche dal padre di lei. Non è bastato: Abdul D. ha ucciso Mia a coltellate in una drogheria per «punirla» di averlo lasciato.
La sua condanna arriva dopo