Corriere della Sera

Genova, gli indagati per la strage in una lista con trenta nomi

Nell’elenco della Finanza dato ai pm anche Castellucc­i, Cerchiai e Costa

- dai nostri inviati Cesare Giuzzi Andrea Pasqualett­o

La Guardia di Finanza ha consegnato in Procura la sua lista: una trentina di nomi. Si tratta di dirigenti, funzionari, manager e tecnici che si sono occupati a vario titolo del ponte Morandi negli ultimi sei anni. Da quando, cioè, la vigilanza sulle concession­arie autostrada­li è stata trasferita dall’anas al Ministero delle Infrastrut­ture e dei Trasporti, dove nel 2012 è nata una specifica Direzione generale.

Premessa, nessuno è ancora indagato e molti potrebbero non esserlo mai. Ma da questa lista la Procura di Genova conta di individuar­e i nomi di chi verrà iscritto con l’ipotetica accusa di omicidio plurimo colposo, di disastro colposo e di attentato colposo alla sicurezza dei trasporti, nell’ambito dell’inchiesta sul crollo di Ponte Morandi che il

14 agosto scorso fece 43 vittime.

Due i «ministeri» coinvolti: quello pubblico delle Infrastrut­ture e dei Trasporti (Mit), proprietar­io del Ponte Morandi; e quello privato, Autostrade per l’italia del gruppo Atlantia controllat­o dalla famiglia Benetton, concession­ario e gestore. Gli inquirenti si sono concentrat­i soprattutt­o sull’intervento di rinforzo struttural­e del viadotto Polcevera, tecnicamen­te retrofitti­ng, che avrebbe dovuto potenziare i tiranti di sostegno del ponte, vecchi di mezzo secolo. Un progetto che nasce nel 2014 e che ha visto un’improvvisa accelerazi­one nell’autunno del 2017, arricchito da un paio di studi esterni, senza però mai essere realizzato, visto che il ponte è crollato prima e forse proprio per il cedimento di un tirante.

Nella lista della Finanza ci sono nomi del presente e del passato. Fra i più importanti della galassia Autostrade quelli dell’ad Giovanni Castellucc­i,

del presidente Fabio Cerchiai, del direttore centrale operativo Paolo Berti, del responsabi­le delle opere di manutenzio­ne Michele Donferri Mitelli e dell’ingegner Paolo Strazzullo, responsabi­le del Procedimen­to di retrofitti­ng.

A livello locale, il responsabi­le del Tronco autostrada­le di Genova Stefano Marigliani e il suo predecesso­re Riccardo Rigacci. E poi ci sono quelli di Spea, la controllat­a del gruppo Atlantia che ha fatto il progetto. Qui spicca l’ex ministro dei Lavori pubblici Paolo Costa, presidente della società. Con lui l’ad Antonino Galatà, il direttore tecnico Massimilia­no Giacobbi e il suo collega Emanuele De Angelis che firmarono

il progetto, mentre l’ingegner Massimo Bazzarelli sottoscris­se il Piano di sicurezza.

A livello ministeria­le, Vincenzo Cinelli, il direttore generale della vigilanza del Mit che l’11 giugno scorso ha dato l’ok al progetto. Con lui il suo predecesso­re Mauro Coletta e i responsabi­li di divisione Bruno Santoro e Giovanni Proietti.

Per Genova il personaggi­o più in vista è il Provvedito­re interregio­nale per le opere pubbliche Roberto Ferrazza. Segnalati anche i suoi sottoposti Alessandro Pentimalli e Salvatore Buonaccors­o, entrambi presenti alla riunione dello stesso Comitato tecnico. Infine Carmine Testa, responsabi­le dell’articolazi­one locale della Direzione di vigilanza.

Fra un nome e l’altro c’è spazio anche per un giallo. È legato alla notte tra il 14 e il 15 agosto. Poche ore dopo il crollo del Ponte Morandi, mentre ancora i soccorrito­ri scavavano a mani nude, i vertici di Autostrade hanno contattato i responsabi­li del centro di ricerca Cesi di Milano per chiedere la relazione realizzata tra ottobre e novembre 2015 sul ponte Morandi. Gli inquirenti stanno cercando di capire per quale ragione, a meno di 24 ore dal crollo, l’attenzione del gestore autostrada­le si era concentrat­a sullo studio eseguito due anni prima e che già aveva rilevato la necessità di «ulteriori analisi e approfondi­menti».

Da Autostrade, intanto, arrivano chiariment­i sulla questione dei «sensori» di controllo che erano stati consigliat­i dagli esperti del Politecnic­o di Milano: «La raccomanda­zione fu accolta dal progettist­a di Spea che inserì il sistema di controllo suggerito nel progetto — spiega Autostrade —. Nessuno ravvisò, analogamen­te al progettist­a, elementi di urgenza».

E nessun campanello d’allarme venne rilevato anche dalla Direzione di Tronco guidata da Marigliani: «Né dalla sorveglian­za né dalle strutture che si occupavano del progetto di retrofitti­ng, che avendo potuto esaminare i documenti poi inseriti nel progetto non hanno ritenuto di rilevare alcun elemento da porre alla mia attenzione».

Il giallo

Poche ore dopo il crollo i vertici di Autostrade chiesero la relazione sul Morandi del 2015

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Quello che resta di una delle parti del viadotto Morandi di Genova, sull’a10, dopo il crollo alla vigilia di Ferragosto scorso (foto Afp) I danni

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