Ravenna dice addio a Idina Gardini, vedova di Raul
Un anno dopo la morte del marito, Raul, Idina Gardini aveva annunciato che sarebbe diventata suora laica, prendendo i voti delle terziarie della Carmelitane. Un impegno rispettato fino in fondo che aveva sorpreso quel mondo della cronaca, giudiziaria e finanziaria, che continuava a interrogarsi e lavorare intorno all’ascesa e caduta dell’impero di Ravenna e alla morte (per suicidio, ma i dubbi restano ancora) del «Contadino» diventato «Corsaro» . Una scelta che aveva reso Idina una figura a sé nella dinasty Ferruzzi. Ieri la suora laica, devota a Padre Pio, è scomparsa a 82 anni dopo una malattia che le aveva probabilmente impedito di rinnovare la sola presenza in pubblico, la messa in ricordo di Raul il 23 luglio, e la partecipazione al concerto organizzato dall’amico Riccardo Muti a 25 anni dalla morte.
Lei, figlia di Serafino Ferruzzi, fondatore del gruppo di Ravenna che dai cereali si era poi esteso con Raul alla finanza e alla chimica, aveva più volte sottolineato di aver sempre rifiutato cariche e presidenze di ogni tipo. Poi però aveva fatto un’eccezione, accettando di diventare presidente del premio “Pietralcina, la terra di Padre Pio”. Nel 1992 era andata con Raul in pellegrinaggio a San Giovanni Rotondo Idina Ferruzzi con il marito Raul Gardini. Dopo essere rimasta vedova nel 1993, aveva scelto di diventare carmelitana laica. Da allora rarissime le sue apparizioni pubbliche, limitate perlopiù alla messa annuale in ricordo del consorte
e aveva parlato al marito dell’intenzione che stava maturando sui voti. Raul aveva approvato. Più tardi, qualche mese dopo la scomparsa dell’imprenditore, lo aveva comunicato anche ai figli, Eleonora, Ivan Francesco e Maria Speranza. Dicendo che avrebbe seguito la strada già percorsa dalla madre Elisa: «Non è stato un rifugio dal dolore, come molti credono», aveva dichiarato qualche anno dopo, «mia mamma era devota a Padre Pio, lo ha conosciuto. Io no, ma attraverso di lei è arrivata anche la mia conoscenza. Una quindicina di anni fa è giunta la mia conversione completa».
La scelta del silenzio e della preghiera era sopraggiunta dopo che la parabola del gruppo con il “mostro” Enimont aveva diviso la famiglia, portato all’uscita del «Corsaro». Dopo la sua morte e i funerali lei si era chiusa per quattro mesi in una stanza d’albergo. «Furono i miei figli a farmi uscire da quella volontaria prigionia», aveva detto. E con i voti aveva ritrovato serenità e conciliazione. Conservando per anni un silenzio interrotto solo da rari colloqui e interviste. Nei quali la dinasty era rimasta in sottofondo e lei aveva parlato di fede.