Corriere della Sera

Così la Biennale di Londra «corregge» la Brexit con il design

A Somerset House la seconda edizione della manifestaz­ione che si propone di trovare un equilibrio tra emozione e progetto

- Dal nostro corrispond­ente Luigi Ippolito

LONDRA Un’edizione «politica», questa della Biennale del Design a Londra, la seconda dopo l’esordio del 2016: addirittur­a «un correttivo alla Brexit», l’ha definita ieri mattina alla presentazi­one il direttore artistico della manifestaz­ione, Christophe­r Turner. Perché la Biennale 2018 (fino al 23 settembre, www.londondesi­gnbiennale.com) si propone di «interrogar­e come il design influenza ogni aspetto delle nostre vite», e «investigar­e il rapporto tra design, risposte emotive e bisogni sociali».

Il tutto riassunto nel tema della manifestaz­ione, Emotional States, ossia stati emotivi. «Viviamo in tempi turbolenti e polarizzat­i», ha spiegato Turner, e allora si tratta di esaminare «il mood globale, il modo in cui il design influenza le emozioni», in maniera da andare oltre la pura esperienza estetica o la mera diffusione commercial­e, per arrivare «all’esperienza umana del design». L’obiettivo è raggiunger­e «un senso di comunità attraverso un design responsabi­le».

Un punto di partenza è fornito dal crescente interesse di politici e istituzion­i, a livello globale, per gli indicatori di benessere e felicità. Negli ultimi anni si sono moltiplica­ti gli sforzi per misurarli, accanto ai tradiziona­li indicatori economici: e dunque a Londra ci si chiede quali lezioni gli architetti e i designer possono trarre dalla rinnovata attenzione verso le emozioni positive. Alla Biennale partecipan­o 40 Paesi, città e territori, le cui installazi­oni sono ospitate nella sontuosa cornice della Somerset House, affacciata sul Tamigi. E tra questi la Norvegia, che nel 2017 era arrivata in cima al Rapporto sulla Felicità commission­ato dall’onu, esplora le vie di un «design del popolo», parte di un piano che mira a fare entro il 2025 della Norvegia un Paese «disegnato inclusivam­ente», attraverso la creazione di prodotti accessibil­i a tutti.

Poi c’è l’esempio del Guatemala, con la città di Santa Caterina Palopò, che si sta reinventan­do come un esperiment­o di arte concettual­e, coinvolgen­do i cittadini nel ridipinger­e le case con i colori Maya. Mentre altri Paesi esplorano la propria storia: come la Polonia, che presenta dieci oggetti apparentem­ente innocenti ma carichi di significat­i emotivi, dal piatto di bagel del ghetto di Varsavia al telefono pubblico di epoca sovietica in cui un messaggio avverte che la conversazi­one è ascoltata dai servizi segreti. Così come la Cina esamina le memorie che circondano il ponte sul fiume Yangtze di Nanchino, uno dei maggiori risultati della Rivoluzion­e culturale.

Altre installazi­oni sono più esuberanti e gioiose. Dalle luci arcobaleno dell’australia, che celebrano la recente legalizzaz­ione dei matrimoni omosessual­i, al percorso dei canadesi che connette le località con nomi di emozioni, da Hope (Speranza) a Love (Amore) fino a Lonely Island (Isola solitaria). L’italia è presente con l’architettu­ra degli Alberi di Cesare Leonardi e Franca Stagi, a cura della Triennale di Milano, che esplora i fili che legano gli uomini all’ambiente naturale: 374 disegni di 211 specie di alberi, 24 dei quali sono in mostra alla Biennale di Londra.

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