Corriere della Sera

Dakota: recito per Tarantino pensando ai film di Hitchcock

«Ma non mi basta essere attrice, debutto dietro la cinepresa»

- Stefania Ulivi S. U.

VENEZIA Tra i corsi preferiti alla Ney York University, dove sta per laurearsi, ci sono quelli di cinema, in particolar­e su Alfred Hitchcock («avrei potuto essere una sua attrice, perché no? Amava le bionde»). Nei prossimi mesi sarà impegnata sul set del nuovo film di Quentin Tarantino, Once upon a time in Hollywood. Dakota Fanning però a Venezia è arrivata in veste inedita, da regista. La sua opera prima è un cortometra­ggio, Hello apartment, presentato ieri alle Giornate degli autori, quindicesi­ma tappa del progetto Women’s Tales di Miu Miu.

Lo ha scritto con Liz Hannah ma ci ha messo molto di sé, assicura. Un loft luminoso a Brooklyn, mura dipinte di fresco, una ragazza che ci entra la prima volta. La vita scorre, la casa la contiene e la riflette. Amori, allegrie, tristezze. «Sognavo la regia fin da ragazza, sono felice di essermi messa alla prova. La storia si ispira alla mia esperienza, il mio primo appartamen­to di New York, ci ho vissuto fino a due giorni fa, ho chiuso i pacchi prima di partire per Venezia. Ho difficoltà ad abbandonar­e le cose, mi piaceva costruire il racconto su come crei la memoria legandola agli oggetti e ai luoghi che diventano parte di te, le cose successe, le persone della tua vita».

Lei è un tipo riservato...

«Sì ma qui c’è tanto di me, credo che se vuoi farti ascoltare devi andare un po’ sul personale, se ci metti del tuo le persone sono più coinvolte. Questo è espormi». il mio modo di

Ha una lunghissim­a esperienza da attrice, che effetto fa passare dall’altra parte?

«Quando recito, a qualunque domanda sul set tocca al regista rispondere, è la persona che si carica tutte le responsabi­lità sulle spalle. È una fatica fisica e mentale, la prospettiv­a cambia. Devi esserci per tutti. E ti rendi conto di come tutti siano fondamenta­li».

Dunque è in arrivo un lungometra­ggio?

«Per tutto l’anno prossimo anno sarò impegnata a recitare ma ho idee in testa, le lascio viaggiare, vorrei studiare, imparare ancora. Forse un film, forse l’episodio di una serie tv. Vorrei essere pronta, anche se non credo che nella

Una scena di «Hello, Apartment», girato da Dakota Fanning (a destra) per Miu Mu Women’s Tales

d Spunti autobiogra­fici nel film ambientato a New York

vita sia mai possibile esserlo. Serve buttarsi, pendersi dei rischi io ho iniziato così, un po’ per caso».

Che effetto le fa pensare a lei bambina?

«Mi sembra ieri, ricordo le mie sensazioni di allora, avevo sei anni ora ne ho ventiquatt­ro e vedo tutto con una prospettiv­a diversa. Sono una donna fortunata, ne sono consapevol­e».

Tra i prossimi impegni c’è il nuovo film di Tarantino.

«Di cui non posso dire nulla. Ma da fan dei suoi film ovviamente sono felice, ha un cast incredibil­e, un regalo farne parte».

E la nuova stagione di «The Alienist»?

«La gireremo presto, il personaggi­o di Sarah è molto bello, una donna di fine Ottocento che si batte per superare le barriere. Visto con gli occhi del movimento Time’s Up ha ancora più rilevanza».

In questo festival è rimbalzata la polemica sul numero delle registe in gara...

«Bisogna fare di tutto per superare il divario per dare maggiore spazio alle cineaste. L’obiettivo è che non serva più distinzion­e tra uomini e donne, tra registi e registe. Ma il cambiament­o è in corso, è tempo di ascoltare le donne, di rendere più trasparent­i i meccanismi. Io personalme­nte trovo ispirazion­e nel lavoro di alcune grandi registe come Sally Potter che ha diretto mia sorella e ha un ruolo importante nella sua vita».

Dirigerebb­e Elle?

«Ne sarei felice, è la mia attrice preferita. In fondo da sorella maggiore ho già provato a dirigere la sua vita...». Il profilo

● Dakota Fanning è nata a Conyers (Usa) il 23 febbraio 1994

● A 8 anni la performanc­e nel film «Mi chiamo Sam» le valse la nomination allo Screen Actors Guild Award come miglior attrice non protagonis­ta nel 2002, facendo di lei la più giovane candidata nella storia

● Da bambina ha interpreta­to «Man on Fire» (2004), «La guerra dei mondi» (2005); «La tela di Carlotta» (2006). Tra i suoi film recenti «Coraline e la porta magica» (2009), «The Runaways» (2010), «The Motel Life» (2013), e la saga di film di «Twilight» (2009-12) delicate. Un progetto, targato Fandango, dalla genesi lunga (doveva dirigerlo Valerio Mastandrea) e molto atteso. In particolar­e dai fan di Zerocalcar­e, testimone riluttante della generazion­e tra i 20 e 30 anni, che ha partecipat­o alla sceneggiat­ura ma non è al Lido per la proiezione. In sua vece, Simone Liberato che interpreta Zero, Pietro Castellitt­o (l’amico Secco) e Valerio Aprea (la voce della coscienza Armadillo). L’unico che non sembra affatto preoccupat­o è Adriano Panatta, nel ruolo di se stesso in un breve esilarante cameo. «Quando Procacci me lo ha proposto pensavo fosse matto. Mi ha dato appuntamen­to a Fiumicino, mi sono trovato sul set e ho girato».

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Set
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Tennista Adriano Panatta, 68 anni

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