Dakota: recito per Tarantino pensando ai film di Hitchcock
«Ma non mi basta essere attrice, debutto dietro la cinepresa»
VENEZIA Tra i corsi preferiti alla Ney York University, dove sta per laurearsi, ci sono quelli di cinema, in particolare su Alfred Hitchcock («avrei potuto essere una sua attrice, perché no? Amava le bionde»). Nei prossimi mesi sarà impegnata sul set del nuovo film di Quentin Tarantino, Once upon a time in Hollywood. Dakota Fanning però a Venezia è arrivata in veste inedita, da regista. La sua opera prima è un cortometraggio, Hello apartment, presentato ieri alle Giornate degli autori, quindicesima tappa del progetto Women’s Tales di Miu Miu.
Lo ha scritto con Liz Hannah ma ci ha messo molto di sé, assicura. Un loft luminoso a Brooklyn, mura dipinte di fresco, una ragazza che ci entra la prima volta. La vita scorre, la casa la contiene e la riflette. Amori, allegrie, tristezze. «Sognavo la regia fin da ragazza, sono felice di essermi messa alla prova. La storia si ispira alla mia esperienza, il mio primo appartamento di New York, ci ho vissuto fino a due giorni fa, ho chiuso i pacchi prima di partire per Venezia. Ho difficoltà ad abbandonare le cose, mi piaceva costruire il racconto su come crei la memoria legandola agli oggetti e ai luoghi che diventano parte di te, le cose successe, le persone della tua vita».
Lei è un tipo riservato...
«Sì ma qui c’è tanto di me, credo che se vuoi farti ascoltare devi andare un po’ sul personale, se ci metti del tuo le persone sono più coinvolte. Questo è espormi». il mio modo di
Ha una lunghissima esperienza da attrice, che effetto fa passare dall’altra parte?
«Quando recito, a qualunque domanda sul set tocca al regista rispondere, è la persona che si carica tutte le responsabilità sulle spalle. È una fatica fisica e mentale, la prospettiva cambia. Devi esserci per tutti. E ti rendi conto di come tutti siano fondamentali».
Dunque è in arrivo un lungometraggio?
«Per tutto l’anno prossimo anno sarò impegnata a recitare ma ho idee in testa, le lascio viaggiare, vorrei studiare, imparare ancora. Forse un film, forse l’episodio di una serie tv. Vorrei essere pronta, anche se non credo che nella
Una scena di «Hello, Apartment», girato da Dakota Fanning (a destra) per Miu Mu Women’s Tales
d Spunti autobiografici nel film ambientato a New York
vita sia mai possibile esserlo. Serve buttarsi, pendersi dei rischi io ho iniziato così, un po’ per caso».
Che effetto le fa pensare a lei bambina?
«Mi sembra ieri, ricordo le mie sensazioni di allora, avevo sei anni ora ne ho ventiquattro e vedo tutto con una prospettiva diversa. Sono una donna fortunata, ne sono consapevole».
Tra i prossimi impegni c’è il nuovo film di Tarantino.
«Di cui non posso dire nulla. Ma da fan dei suoi film ovviamente sono felice, ha un cast incredibile, un regalo farne parte».
E la nuova stagione di «The Alienist»?
«La gireremo presto, il personaggio di Sarah è molto bello, una donna di fine Ottocento che si batte per superare le barriere. Visto con gli occhi del movimento Time’s Up ha ancora più rilevanza».
In questo festival è rimbalzata la polemica sul numero delle registe in gara...
«Bisogna fare di tutto per superare il divario per dare maggiore spazio alle cineaste. L’obiettivo è che non serva più distinzione tra uomini e donne, tra registi e registe. Ma il cambiamento è in corso, è tempo di ascoltare le donne, di rendere più trasparenti i meccanismi. Io personalmente trovo ispirazione nel lavoro di alcune grandi registe come Sally Potter che ha diretto mia sorella e ha un ruolo importante nella sua vita».
Dirigerebbe Elle?
«Ne sarei felice, è la mia attrice preferita. In fondo da sorella maggiore ho già provato a dirigere la sua vita...». Il profilo
● Dakota Fanning è nata a Conyers (Usa) il 23 febbraio 1994
● A 8 anni la performance nel film «Mi chiamo Sam» le valse la nomination allo Screen Actors Guild Award come miglior attrice non protagonista nel 2002, facendo di lei la più giovane candidata nella storia
● Da bambina ha interpretato «Man on Fire» (2004), «La guerra dei mondi» (2005); «La tela di Carlotta» (2006). Tra i suoi film recenti «Coraline e la porta magica» (2009), «The Runaways» (2010), «The Motel Life» (2013), e la saga di film di «Twilight» (2009-12) delicate. Un progetto, targato Fandango, dalla genesi lunga (doveva dirigerlo Valerio Mastandrea) e molto atteso. In particolare dai fan di Zerocalcare, testimone riluttante della generazione tra i 20 e 30 anni, che ha partecipato alla sceneggiatura ma non è al Lido per la proiezione. In sua vece, Simone Liberato che interpreta Zero, Pietro Castellitto (l’amico Secco) e Valerio Aprea (la voce della coscienza Armadillo). L’unico che non sembra affatto preoccupato è Adriano Panatta, nel ruolo di se stesso in un breve esilarante cameo. «Quando Procacci me lo ha proposto pensavo fosse matto. Mi ha dato appuntamento a Fiumicino, mi sono trovato sul set e ho girato».